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Viaggi spaziali attraverso i buchi neri

Aggiornamento: 25 mag 2019




E’ ormai assodato che nell’Universo attorno a noi esistono innumerevoli altri pianeti simili al nostro. Il numero di nuovi pianeti scoperti cresce esponenzialmente con gli anni e con ogni probabilità moltissimi di questi sono abitati da esseri viventi. Riusciremo a metterci in contatto con gli alieni in un prossimo futuro? La risposta é purtroppo inquietante: se le leggi della fisica che conosciamo oggi sono giuste, la massima velocità raggiungibile è quella della luce (ca 300.000 Km/s) e pertanto un viaggio di un’astronave verso il pianeta più prossimo a noi durerebbe migliaia di anni. Anche le onde radio di una possibile emittente aliena, che viaggiano alla velocità della luce, giungerebbero a noi in tempi biblici. Il pianeta abitabile più vicino a noi, infatti, è una “Super Terra” che orbita attorno alla stella Kepler-22 e si trova a una distanza di 600 anni-luce dal nostro pianeta (servirebbero cioè 600 anni viaggiando alla velocità della luce per raggiungerlo, cosa inimmaginabile per un’astronave, anche sperando in un insperato progresso tecnologico nei prossimi anni). Potrebbe esistere, tuttavia, un possibile espediente che si basa sulla teoria dei “buchi neri” sviluppata da Stephen Hawking (nella foto, lo scienziato inglese tornato alla ribalta in questi giorni grazie al film “La teoria del tutto”) e descritto nel libro “Buchi neri e universi neonati, Riflessioni sull’origine e il futuro del cosmo” (Rizzoli 1993). I buchi neri si formano quando una stella di massa almeno tre volte quella del nostro sole esaurisce il combustibile (l’idrogeno che si converte in elio grazie ad una reazione termonucleare confinata) e collassa su se stessa a causa della gravità, diminuendo di diametro fino a raggiungere una densità infinita. Da quel momento in poi neppure la luce che, secondo la teoria della relatività generale di Einstein è deviata dai campi gravitazionali, sarebbe più in grado di uscire dalla stella. Quest’ultima diventerebbe un buco nero, invisibile ai nostri occhi ma anche a qualunque tipo di telescopio, una “singolarità” dello spazio-tempo einsteniano. Secondo la teoria della relatività nulla sfuggirebbe a un buco nero e un’ipotetica astronave che passasse vicino a esso sarebbe risucchiata e ridotta in polpette. Hawking, tuttavia, unendo la teoria della relatività con la meccanica quantistica (la fisica delle particelle subatomiche) ha dimostrato che in realtà il buco nero non è così nero come si pensa, ma emette particelle e radiazione a un ritmo costante. Il fenomeno è chiamato “evaporazione” dei buchi neri, poiché durante questo processo la loro massa e il loro volume diminuiscono fino a farli scomparire. E ora veniamo al bello! Oggi molti scienziati ritengono che sarebbe possibile cadere attraverso un buco nello spazio-tempo per riemergere in un’altra regione dell’Universo. Le leggi della fisica sono, infatti, simmetriche rispetto al tempo: se esistono, i buchi neri esisteranno anche i “buchi bianchi”, oggetti in cui non si può entrare ma solo uscire. Si potrebbe immaginare la possibilità di saltare in un buco nero in un luogo ed emergere da un buco bianco in un altro. Secondo Hawking gli oggetti caduti in un buco nero uscirebbero in un piccolo “universo neonato” loro proprio. Tutto questo sembrerebbe essere molto promettente per i futuri viaggi spaziali, poiché la velocità della luce in questo modo non sarebbe più un vincolo limitante come predice la fisica classica. Esiste, tuttavia, un’insidia in tutto questo ragionamento (oltre a quella che non è molto chiaro come sarebbe possibile scegliere la propria destinazione) e cioè che gli universi neonati in cui andrebbero a finire le particelle che cadono nel buco nero esisterebbero solo in un tempo che Hawking chiama “immaginario”, un concetto di difficile intuizione. Nel tempo reale, infatti, il presunto astronauta sarebbe fatto a pezzi dall’enorme forza gravitazionale del buco nero (in un processo a volte indicato come “spaghettificazione”) e tutte le sue particelle finirebbero nel nulla. Esse continuerebbero invece la loro esistenza nel tempo immaginario e sarebbero trasportate in un’altra regione, dove riemergerebbero come particelle emesse da un altro buco nero.

Conclusione

Secondo le recenti scoperte in campo fisico (grazie soprattutto ai contributi di Stephen Hawking) un viaggio spaziale passando all’interno di un buco nero per poi riemergere in un altro luogo, anche enormemente distante dal primo, sarebbe teoricamente possibile. Il fatto però di non poter scegliere la destinazione e di riapparire in un nuovo universo in cui il tempo non è più quello reale di prima sconsigliano di cominciare a prenotarsi sin da ora. Gli studi dei buchi neri, degli universi neonati e del tempo immaginario hanno invece importanti implicazioni per il tentativo di trovare una teoria unificata completa in grado di descrivere qualsiasi cosa dell’Universo. Una “teoria del tutto”, come il titolo dell’omonimo film sul grande scienziato inglese. (Luca Maltecca)




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