Quando leggiamo un libro od un articolo che tratti di Storia, solitamente inquadriamo l’argomento trattato nell’ambiente che conosciamo direttamente, ad esempio: le guerre d’indipendenza italiane svoltesi a Solferino e San Martino attorno al 1859, siamo tentati di inquadrarle in uno scenario che, seppur privo di insediamenti industriali e residenziali moderni, ricorda da vicino la campagna attuale dimenticando che le colture agricole erano differenti, quindi i colori, i volumi e le aree erano ben diversi: molti prati ospitavano la vite, il frumento ed il mais erano seminati a mano, quindi le piantine non presentavano il perfetto allineamento reciproco attuale. Al tempo della mietitura e della fienagione sui campi non c’erano mietitrebbia o falciatrici, ma decine di braccianti con attrezzi manuali, per il fabbisogno delle cucine e del riscaldamento i boschi ed in generale gli alberi erano molto più abbondanti, quindi la campagna non si presentava così aperta come oggi, ma con numerose cortine di alberi che le conferivano un aspetto “boscoso”, per non parlare delle rogge, delle marcite, dei fontanili, ecc. Questo solo 160 anni orsono!
Proviamo ora a ritornare con la mente alla preistoria della nostra terra ad esempio all’età del Ferro nella Pianura Padana degli insediamenti sulle Terramare, vere e proprie isole sopraelevate sulla pianura ove sorgevano i villaggi, circondate da campi, boschi e paludi, con superfici che variavano a seconda dell’estensione del villaggio: a maggior fabbisogno alimentare, maggior estensione coltivata.
Per evitare ristagni d’acqua troppo vicino al villaggio, si costruivano canali di drenaggio che convogliavano l’acqua in eccesso al fiume più vicino, ma non tutta l’acqua veniva eliminata perché oltre al fabbisogno umano e animale, nei ristagni si potevano catturare rane, carpe, anguille e attorno allo stagno sicuramente abbondavano gli uccelli acquatici come le anatre, altra fonte di proteine nobili a buon mercato.
, a quel tempo, a differenza di oggi, l’avere una parte di palude produttiva “ sottocasa” non era considerata una cosa negativa, anzi.
Non erano comunque tutte rose e fiori in quanto anche i nostri predecessori avevano discariche per i materiali di rifiuto quali ossa di animali, cocci di vasellame, scarti di fonderia oltre a pellame, vegetali, avanzi di carne che, ovviamente, non ci sono pervenuti, ma che, comunque, devono essere esistiti e considerando che queste discariche non erano molto lontane dal villaggio, così come le inevitabili latrine, si può immaginare l’olezzo che
ammorbava l’aria dell’insediamento oltre al reale pericolo di epidemie.
Detto questo possiamo lasciare alla fantasia del lettore lo scoprire gli altri aspetti della vita in comune sulle Terramare, concludendo che ogni periodo della storia dell’uomo è una tappa sulla via del miglioramento delle condizioni di vita, sempre che l’uomo stesso non forzi troppo la mano a suo favore con conseguente rapida erosione delle risorse disponibili ed evidente danno esteso ed irreversibile all’ambiente, scenario quest'ultimo non troppo lontano dalla realtà odierna.
Facendo un salto temporale di qualche millennio e parlando di scoperte ed innovazioni che hanno migliorato, con le loro applicazioni pratiche, le condizioni di vita dell’uomo, almeno due sono state applicate su vasta scale proprio in Lombardia ed in particolare nella provincia di Milano, così ricca di acque sia di superficie sia di falda. Esse sono: le CONCHE sui canali navigabili e la pratica colturale delle MARCITE.
Progettate e costruite per la prima volta a Milano all’inizio del Quattrocento da Filippo Degli Organi e Fioravanti da Bologna e successivamente perfezionate da Leonardo, le conche sono in sintesi delle vasche costruite nell’alveo stesso di un canale o di un fiume nel punto esatto ove esista un salto di livello che sarebbe impossibile da superare da parte di un qualsiasi natante, invece immettendo o togliendo acqua dalla conca, si porta il livello dell’acqua della conca stessa, a coincidere con il livello dell’acqua del canale rispettivamente a monte o a valle della conca permettendo, una volta aperte le paratie di separazione, il transito del natante con il suo carico di merci o passeggeri:
Questo ingegnoso sistema è tuttora applicato in tutto il mondo: dal Reno al canale di Panama si può navigare e produrre ricchezza grazie a questa invenzione che ha visto la luce proprio in questa nostra provincia.
Sulla nascita della pratica colturale del foraggio tramite la MARCITA possiamo azzardare un’ipotesi.
Tutti conoscono l’impegno e l’ingegnosità dei monaci che attorno all’anno Mille, dissodavano e bonificavano terreni paludosi, disprezzati dai coloni in quanto fonte di malaria, duro lavoro e poca resa. .
Introdotta dagli Umiliati nel XI secolo e diffusa poi dai Cistercensi dell’Abbazia di Chiaravalle Milanese nel secolo successivo, questa pratica ha permesso di allevare un gran numero di animali domestici, soprattutto bovini che fornivano latte, carne e lavoro in grande quantità data l’abbondanza di foraggio fresco in tutti i mesi dell’anno (fino a undici tagli nelle annate miti!)
Il termine “marcita” o “prato marcitorio” deriva dal fatto che il taglio di agosto-settembre, di scarsa qualità, veniva lasciato marcire sul terreno ripristinando in tal modo la dotazione di azoto e altri concimi nel terreno.
E’ quindi una pratica altamente ecologica, ma che, purtroppo, è anche molto costosa da sostenere dovendo pulire costantemente i canali e mantenere i piani inclinati in efficienza evitando che si creino ristagni d’acqua.
Per queste e per altre ragioni, non ultima la diminuita disponibilità di acque risorgive a causa del prelievo per il consumo umano e industriale, questa pratica è stata quasi del tutto abbandonata a favore di altre colture più redditizie e meno impegnative.
Questo comunque non toglie nulla all’importanza che ha avuto questa “scoperta” nel corso degli ultimi sette secoli per la nostra provincia, contribuendo a farne una delle zone più ricche e produttive d’Europa.
Maurizio Teruzzi
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