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Note di apprendistato e altre memorie


Igor Levit: House concert, conversazioni con il pianista, l’uomo, il cittadino del

mondo, Il Saggiatore editore, Milano 2023, pp.223, euro 26,00



Questo libro è il ritratto di un pianista del nostro tempo, di un giovane nato nella seconda metà degli anni ottanta del Novecento, di una mente inquieta coinvolta dalle odierne tecnologie e dagli eventi epocali che stanno caratterizzando questo inizio millennio.

Andare d’accordo con Beethoven, i “Social” e la “pandemia” sono cose di non poco conto.

Soprattutto come motivare un testo classico, complesso ed affascinante come le sonate di Beethoven con le prospettive esistenziali di un secolo alieno da ogni umanesimo?

Il libro intervista mostra il giovane pianista alle prese con la propria carriera negli incroci imprevedibili di una realtà in continua mutazione.

Il suo stile di vita cerca di aderire alle necessità di una comunicazione coniugata con i mezzi proposti dalla “messaggistica digitale”.

Una recente intervista ad un altra giovane pianista, Beatrice Rana, mostra un diverso approccio alla musica nei mesi della “pandemia”. La pianista pugliese coglie l’opportunità della sospensione delle attività in presenza per studiare, approfondire il repertorio, meditare nuove strategie d’impaginazione dei programmi.

Igor Levit vive l’astinenza come un vuoto mentale attraverso l’ossessione di non poter comunicare con il pubblico. Le sue riserve nervose gli permettono di impadronirsi del “corpus” sonatistico beethoveniano in tempi rapidi. Il suo approccio interpretativi nasce da una assimilazione totale, alimentata e determinata dal contatto con il pubblico.

Per questo motivo sono nati i suoi “recital on line” dove il concetto di comunicazione è un tutt’uno con la sua visione costruttiva della musica.

Il rapporto con la grande letteratura musicale scende a patti con la dimensione “liquida”

della realtà circostante, mostrando nel pianista russo una concezione interpretativa capace di non estraniarsi da questi condizionamenti tecnologici che hanno mutato il nostro modo di reagire alla vita.

E’ un libro utile per apprendere un nuovo apprendistato musicale e forse qualcosa di più.


Leone Magiera: Cantanti all’Opera, Edizioni Curci 2023, pp.132, euro 16,00


Ancora un testo di apprendistato artistico, non un semplice manuale ma un estratto di vita e di consigli sul bel canto.

Potrebbe sembrare un testo esoterico ma Leone Magiera, accompagnatore e istruttore a vita di Luciano Pavarotti, mostra come in questa arte difficilissima vi siano regole secolari

modificabili in funzione della fisiologia del cantante e delle nuove necessità di repertorio.

Il trattato sulle corrette funzioni vocali è superato da nuove malizie frutto della pratica e dell’esperienza accumulata.

Leone Magiera è soprattutto un pianista specializzato nell’accompagnare i cantanti non solo nelle ore di studio ma anche nei concerti canto.

Gli appassionati di vocalità lo avranno visto accompagnare voci celebri nei concerti lirici ma anche in qualità di direttore d’orchestra all’interno dei circuiti operistici nostrani ma non solo.

Leone Magiera ha la sapienza artigianale di chi conosce la vocalità e i suoi segreti ma anche il giusto equilibrio occorrente per sostenere in modo adeguato il lavoro infinito del cantante. Il Teatro alla Scala lo ha voluto come consulente artistico per dirimere improvvise difficoltà sopravvenute con cantanti celebri e risolvere infortuni spesso dietro l’angolo nel mondo imprevedibile dell’opera.

L’illustrazione, semplice ed efficace, dei principali elementi della tecnica vocale è arricchita da rapidi aneddoti di vita teatrale in cui l’esempio citato viene calato nella vita concreta del cantante.

Si tratta di un testo elegante nel racconto ma anche spumeggiante nel ritrarre un arte calata nel concreto quotidiano.

Una simpatica nota berlusconiana riguarda l’inaugurazione degli studi televisivi di Arcore con un recital di Giuseppe Di Stefano.

Magiera ha la capacità innata di un vero conversatore di trasformare anche il più complesso concetto in un dirompente atto di vita.

Andrea Montella: Ludwig van Beethoven, le sinfonie n°1 e n°2, Zecchini editore 2023, pp,124, euro 25,00


La musica è l’unica arte che necessita di un intermediario per coprire il divario esistente fra

il segno scritto e la produzione del suono. L’interprete è assunto quindi al ruolo di coautore accanto all’opera che viene riprodotta.


Con l’avvento del disco anche l’interprete entra a far parte della storia recettiva di un testo musicale dettando le linee guida in campo estetico. La storia della musica diventa elemento contiguo alla storia dell’interpretazione.

Interessante l’aspetto platonico della valutazione della qualità sonora, tema che viene associato al concetto aprioristico delle “idee”.

Anche questo concetto rimanda, attraverso le “idee innate”, all’immagine spesso immobile dell’opera d’arte che invece, per essere attuale, deve coniugare le proprie virtù con il tempo in cui gli è dato vivere.

Alla base di tutto troviamo la “vexata quaestio” di Nietzsche costruita attorno al dualismo fra Apollineo e Dionisiaco. Nei tempi attuali il tema viene meglio enucleato attorno alla diatriba fra “filologia” e “storia” per concludersi nel ben noto pendolarismo Toscanini-Furtwaengler.

L’esigenza vitale dell’interprete si manifesta nella capacità di rendere flessibile un testo immutabile all’interno di un mondo fondato sulla mutabilità.

L’esame filologico può tornare utile per delineare i confini della Forma e rendere possibile una sua verosimile comunicabilità.

L’argomento viene declinato all’interno delle prime due sinfonie di Beethoven, facendo riferimento ad una quaterna di nomi illustri: Furtwaengler, Karajan, Klemperer, Abbado.

Sicuramente risulta interessante il rapporto esistente fra la “chironomia” del direttore e la costruzione del suono e la sua articolazione. Si tratta di una problematica esemplificata da Furtwaengler attraverso la logica rovesciata del suo gesto: forse l’unico caso di simbiosi fra arte e “psicofisica”.

L’aver scelto di svolgere questo studio all’interno delle prime due sinfonie denota una ricerca volta ad indagare le radici moderne del compositore tedesco.

Le prime sinfonie rappresentano anche un momento di svolta in cui il catalogo delle proprietà compositive di Beethoven vengono elaborate.

Bisognerà mettere a punto un nuovo punto di vista interpretativo per i tempi futuri: direttori come Chailly, Gatti, Petrenko e Rattle, ad esempio, tentano nuove strade.

L’impatto emozionale di ogni interpretazione richiede un apporto specifico che può essere individuato nell’improvvisazione.

Il ritorno alla musica come oggetto di vita è una delle sfide a cui i nuovi interpreti dovranno sottoporsi.


Sergio Mora






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