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Matisse e le gabbie

Aggiornamento: 23 set 2020



Collocare Matisse in questa o altra corrente artistica e quanto di più anacronistico si possa fare.

Entrava ed usciva dalle nuove idee con mutevole velocità. Uno sperimentatore per eccellenza.

Matisse è forse uno degli artisti moderni (un termine troppo convenzionale) che più ha sofferto delle “gabbie” entro le quali si è voluta collocare la sua opera, la sua poetica, la sua tecnica. Lui si dichiarerà perennemente insoddisfatto e dipingerà frequentemente più di una tela con il medesimo soggetto, in contemporanea, per un continuo bisogno di confronto e verifica del suo lavoro. Si avvicinerà talvolta, più o meno esplicitamente, alle diverse correnti artistiche del suo tempo, ora con entusiasmo, ora abbandonandole repentinamente. Inoltre, se di pochissimi pittori si può dire che siano stati veri innovatori, forse Matisse questo appellativo lo merita per l’uso che ha saputo fare del colore, nuovo, originale e non accostabile a nulla.

Dotato di notevole sensibilità visiva, traduce e commenta sulla tela l’immediatezza fatta colore, utilizzandolo in modo talvolta violento, ma con grande capacità espressiva.

Basti qui ricordare i due dipinti “La Danza” e “Nudo Blu”, dove il colore è protagonista nel dipinto e racconta tutto e null’altro.

Ma proviamo a fare un po’ d’ordine.

Matisse nasce nel 1869 a Le Cateau-Cambrésis (nella Francia Settentrionale), paese allora conosciuto per la produzione di stoffe di qualità (anche Matisse disegnerà tessuti e farà grande utilizzo di drappi colorati nella sua pittura). La famiglia lo vuole avvocato, e lui lo fece laureandosi in legge e lavorando come impiegato statale.

Ventenne, comincia a dipingere, quando si trova costretto a casa per una malattia. Nel 1891 si iscrive all’Academie Julian di Parigi, divenendo studente di Gustave Moreau. Lavora nell’atelier dello stesso con un discreto successo e il suo stile è comunque, in questi anni, un naturalismo convenzionale che risente delle influenze accademiche dei suoi maestri. Approfondisce poi con maggior decisione il lavoro dei pittori Impressionisti e Post-Impressionisti. Ed ecco subito i primi tentativi di confinarlo ad una corrente artistica ben definita (Impressionisti e Post-Impressionisti appunto), provocando in lui quell’immediata reazione che lo porta a voler conoscere e sperimentare “altro”. Inizia a frequentare corsi di scultura. Per lui gli Impressionisti sono ancora troppo legati al Realismo. In seguito, dirà la stessa cosa anche riferendosi al Futurismo. Nel 1898 si sposa e coglie l’occasione del viaggio di nozze a Londra per studiare i quadri di Turner. L’inizio del ‘900 vede le sue prime esposizioni collettive e personali.

Entra in contatto e ha rapporti di reciproca stima con Signac (e per questo viene accostato a Neo-Impressionisti e Divisionisti). E’ di questo periodo uno dei dipinti più famosi e discussi di

Matisse: “Lusso, calma e voluttà” (tecnica squisitamente divisionista) inquadrata come opera postimpressionista. Dipinto ispirato ai versi di Baudelaire (“I Fiori del Male”: “Il mondo si addormenta in una calda luce. Laggiù tutto è ordine, bellezza, lusso, calma e voluttà”). Questo dipinto segna il massimo avvicinamento di Matisse al Divisionismo. Se è vero che in questo suo importante dipinto viene utilizzata la tecnica puntinista è altrettanto vero che cambierà anche questa volta repentinamente il modo di dipingere, venendo per questo addirittura accusato di “tradimento” dall’amico Signac.

Il 1904 è, dal punto di vista artistico, un anno importante. Incontra Picasso (di dodici anni più giovane di lui) del quale diventa grande amico, vivendo comunque il rapporto con una forte rivalità artistica. Matisse e Picasso si incontrano per la prima volta nel salotto parigino di Gertrude Stein e della sua compagna Alice B. Toklas. La Stein, scrittrice e poetessa americana, vive a Parigi ed è una grande amante della pittura europea. Con i suoi acquisti sarà di stimolo per molti pittori ed anche la sua fortuna.

Nel 1905 Matisse si trasferisce in Costa Azzurra e lavora insieme ad Andrè Derain. Termina così il “Periodo Scuro” che caratterizza la sua pittura. Risulterà d’ora in poi evidente la differenza tra le atmosfere buie del Nord della Francia e la luminosità delle rappresentazioni mediterranee. A novembre dello stesso anno partecipa al Salon d’Automne. E’ in questa occasione che il critico Lous Vauxcelle, vedendo le opere esposte, utilizza per la prima volta il termine fauves (bestie) per definire il nuovo tipo di pittura, incentrata sul colore, su pennellate diffuse e assenza di ombre presentata da alcuni pittori (Derain, De Vlamink). Matisse, presente in mostra con “Finestra aperta” e “Donna con il cappello”, viene subito indicato come l’esponente di riferimento di questo nuovo modo di dipingere generando in lui, anche in questo caso, l’immediato desiderio di sperimentare “altro”.


Nel 1907 viaggia in Italia. Si scambia quadri con Picasso e ne acquista di Cezanne, Van Gogh e Rodin. Di questo periodo “Nudo blu, ricordo di Biskra 1907 e “La stanza rossa1908

Nel 1910 dipinge “La Danza” (seconda versione - ora a San Pietroburgo).

Commissionata dal mecenate russo



Sergej Scickin: semplificazione assoluta dell’immagine, luminosità, colori puri, potenza dei colori, l’energia che prende forma in cinque figure che si tengono per mano e dare vita ad un ballo, fanno di questo dipinto uno dei capolavori di Matisse.


Quest’opera è realizzata in due versioni tra il 1909 e il 1910. Tra il 1912 e 1913 Matisse trascorre lunghi soggiorni in Marocco. La permanenza in questo Paese ha un forte impatto sulla successiva produzione artistica.


Nel frattempo però la critica si fa molto aspra nei suoi Confronti. Viene definito privo di capacità di prospettiva e “copiatore” di Cezanne. Matisse poi utilizza numerose modelle di diversi paesi (francesi, italiane, russe, nordafricane, ……..) e le femministe americane attaccano i suoi quadri. Nel 1913 tre suoi dipinti sono bruciati a Chicago da alcuni studenti. Henrì lavorerà su soggetti diversi. Le donne, poi la finestra, le odalische, i paesaggi, i ritratti saranno temi della sua pittura che tanto racconteranno della sua capacità poetica. Ma il vero soggetto dei suoi dipinti rimane però il colore, volutamente irreale, per sottolineare il distacco dalla rappresentazione della realtà e lasciare spazio all’interpretazione personale.

Ha comunque riconoscimenti sia in patria che a livello internazionale. Espone a Berlino (1914 - ma i suoi quadri, allo scoppio della guerra sono confiscati), New York (1915) e poi, nel 1918, insieme a Picasso.

Degli inizi degli anni ’20 sono i disegni esotici, frutto della sensibilità acquisita nei viaggi in Nord Africa. Matisse torna ad una pittura tradizionale.


Le sue odalische sono il soggetto caratteristico di questo periodo. Questi lavori non trovano però un’accoglienza favorevole della critica. Matisse cambia ancora e torna a raffigurare una realtà trasformata in forme semplici e piatte. Ritornano i colori puri e luminosi ormai costantemente distanti da riferimenti naturali. Nel 1925 torna in Italia. Si consolida la sua fama di artista e gli viene conferita la Legion d’Onore.

Continua a viaggiare e, nel 1930, si reca a Tahiti. Successivamente negli Stati Uniti, dove ha importanti incarichi decorativi per la Fondazione Barnes a Merion. Matisse perfeziona il suo stile. I suoi lavori, comunque li si voglia collocare, sono contraddistinti da una raffinatezza che ben si sintetizza nella definizione del critico d’arte Georges Duthuit (suo genero) che lo battezzò “Tailleur de lumiere”, il sarto della luce. Dal 1939 si dedica con grande entusiasmo alla grafica. Illustrerà anche negli anni successivi Les Fleurs du Mal di Baudelaire (1947). Lavora anche come illustratore per l’Ulisse di James Joyce. E’ però un anno complicato: si separa dalla moglie. Nel 1941 si ammala, si sottopone ad un intervento chirurgico; da allora è costretto a usare la sedia a rotelle. Il periodo della guerra lascia segni profondi anche nella sua vita familiare. La moglie viene arrestata così come la figlia Marguerite (attiva nella Resistenza francese).

Una delle suo opere più famose (paradossalmente, per un artista che si professa ateo), che può essere anche considerata un compendio delle sue capacità artistiche, è la Chapelle du Saint-Marie du Rosaire di Vence, alla quale comincia a lavorare nel 1948, ospite delle suore Domenicane che lo curano. Matisse conosceva già questa cittadina perché vi si era rifugiato nel 1943 per sfuggire ai raid aerei di Parigi. Questo lavoro è inteso da Matisse come un ringraziamento per la donna che l’aveva curato dopo le operazioni a cui era stato sottoposto, diventata poi suora presso questo convento.

Ormai la sua fama d’artista è universalmente riconosciuta. Una fama che gli deriva da un personalissimo talento ed una originalità nella ricerca artistica. Eppure anche in questi anni, ciclicamente, qualche critico tenta di confinarlo ad un movimento piuttosto che ad un altro (da quelli che abbiamo citato, al Futurismo al Dadaismo prima, o contemporanei, come l’Espressionismo Astratto che si sta sviluppando in particolare negli Stati uniti). Ma lui rimane volutamente lontano dai clamori della vita mondana. Viene ripreso nel suo lavoro in rari brevi filmati. Ai tempi di questi documentari Matisse è universalmente considerato l’innovatore, quasi l’inventore della pittura del ‘900. Cartier-Bresson arrivò a dire: “Picasso è il genio; la Pittura è Matisse”

Si spegne il 3 novembre del 1954 per un attacco cardiaco, all'età di 84 anni. È sepolto nel cimitero del Monastero di Cimiez a Nizza.


Franco Vergnaghi




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