Forse nessuno come lui fu capace di insinuare dubbi sul reale attraverso la rappresentazione del reale stesso. Magritte nasce nel 1898 - in Vallonia. E’ il più vecchio di tre fratelli. Il padre è un sarto e commercia in tessuti. Importante nella vita, anche artistica, di Renè è la vicenda della madre, sofferente di disturbi mentali e morta suicida, ritrovata con la testa avvolta nella camicia da notte (il tema del velo ricorrerà spesso nei suoi dipinti). Pittore prolifico, oltre 800 opere prodotte, caratterizza con il suo lavoro il movimento surrealista del ‘900. S’iscrive, sedicenne, all’Accademia di Belle arti di Bruxelles, affascinato dal Futurismo. Nel 1919 espone la sua prima tela: "Trois Femmes". Nel 1922 si sposa. Per vivere disegna carta da parati e, soprattutto manifesti pubblicitari (anche per l’Alfa Romeo – disegno con influenze cubiste).
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Si avvicina alla pittura metafisica di De Chirico e ne rimane affascinato. Coglie, nei suoi quadri la capacità di presentare la realtà utilizzando forme irreali e colori innaturali che rendono immediata la percezione della distanza tra realtà e inconscio. Nel 1925 si avvicina al movimento surrealista di Bruxelles, Si trasferisce a Parigi e qui incontra, nel 1926, Andrè Breton, critico d’arte e leader del Surrealismo, Questo incontro influenza in modo determinante la sua sensibilità artistica. Di questo periodo il suo primo quadro surrealista, Le Jockey perdu (Il fantino perduto).
Magritte diventa il principale rappresentante del surrealismo belga. La sua pittura vuole creare un ponte tra la realtà e inconscio umano (“dipingo ciò che sento, non ciò che vedo” – sono sue parole). Talvolta, per sottolineare la lontananza tra realtà e percezione utilizza immagini assurde dove magari, nel medesimo dipinto, troviamo presenti scene notturne e scene solari. La rappresentazione di elementi che appaiono inconciliabili tra loro, facilitano una lettura del dipinto che va al di là della realtà; l’osservatore non solo guarda ma pensa e interpreta. Magritte rielabora un concetto caro ai simbolisti: l’irrazionale è buono, la realtà è cattiva. Attraverso alcuni suoi lavori appare evidente il desiderio di allontanarsi dalla semplice rappresentazione della realtà. Con le sue opere vuole affermare, a volte in modo disorientante, che la rappresentazione della realtà non corrisponde alla realtà stessa. Un esempio su tutti nel famoso “L’inganno delle immagini” (meglio conosciuto come “Questa non è una pipa”): il concetto è esplicitato; infatti nel quadro non c’è una pipa ma la sua rappresentazione. La sua pittura si fa sempre più irreale e cede il passo a composizioni cariche dell’elemento fantastico. Magritte vuole raccontare il disorientamento dell’uomo in un mondo fatto d’immagini convenzionali. I suoi quadri tentano di offrire, a ciascun osservatore, la possibilità di trovare risposte non convenzionali ai grandi temi della vita. A Magritte va anche riconosciuto il coraggio e la capacità di riprendere le tre tematiche principali del Surrealismo (amore, sogno e follia) per metterle concretamente al servizio del messaggio artistico. Considera infatti inaccettabile il fatto che il sogno e l'inconscio abbiano così poco spazio nella civiltà moderna. Questa sua avversione al “convenzionale” si manifesta, anche nella sua vita concreta, con un forte fastidio verso la borghesia del tempo che lo porta ad aderire per molti anni al partito comunista belga. Magritte diventa negli anni ’60 un riferimento per la cultura pop e raggiunge grandi livelli di notorietà e apprezzamento della critica.
Il Surrealismo è senz’altro il movimento che ha abbracciato l’arco temporale più ampio nel grande mondo delle Avanguardie del ‘900. I critici ne riconoscono la sua durata fino alla seconda metà degli anni ’60, anni in cui, probabilmente non a caso, termina anche l’attività pittorica – e la vita (1967) di questo grande artista. (Franco Vergnaghi – Immagine: Il figlio dell’uomo, 1964, coll. privata.)
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