top of page
Immagine del redattoreLogos by Acada-Arkys

La verifica perentoria del sentire



Questo titolo, rubato da una dedica poetica di Emilio Vedova scritta per Luigi Nono, può benissimo sintetizzare lo spirito di due diversi volumi, recentemente pubblicati, riguardanti aspetti dell’arte musicale totalmente opposti. Il teatro d’opera nella biografia di un suo protagonista e la musica moderna nella vita di un compositore, sono l’oggetto di questa duplice recensione. Un pretesto per affrontare i temi della modernità e della tradizione.

Giovanni Marchisio: Giulio Neri, il basso dell’Opera, Rugginenti, Milano 2020, pp. 300, euro 21,90



Giulio Neri ( 1909-1958 ) è stato un “basso profondo”, categoria vocale che, nel teatro d’opera, designa personaggi di particolare nobiltà e intensità caratteriale.

Il mondo del melodramma ha creato degli stereotipi vocali che designano, in virtù della loro estensione, qualità specifiche richieste dalle vicende narrate.

Fiodor Saljapin è sicuramente il nome più rappresentativo della tipologia, come dire Caruso per definire un tenore.

Giulio Neri si affiancava a bassi celebri come Mario Petri e Boris Christoff e come loro, godeva di una discreta popolarità per aver preso parte ad alcune pellicole cinematografiche.

Il libro di Marchisio delinea efficacemente l’ambiente teatrale dell’inizio secolo e la vita di un artista legato in modo particolare ad un teatro, l’Opera di Roma, e ad un repertorio ben delineato: Barbiere, Rigoletto e Mefistofele.

L’approfondimento personale dei ruoli, in ambito esclusivamente vocale e in totale indipendenza dalla regia, mostra in Giulio Neri un artista coscienzioso, lontano dal divismo, continuatore di una prassi artigianale ottocentesca.

La descrizione di Turrita di Siena, paese natale di Neri, mostra la continuità ambientale fra le sue origini e la spontaneità delle sue passioni: oltre il canto l’antico gioco del tamburello.

In questo contesto, la sua indiscussa professionalità di cantante lirico risulta in armonia con una concezione della musica intesa come linguaggio universale, legato alla terra, come lo intendeva Verdi.

Il tratto intenso e raffinato con cui interpretava l’Inquisitore, nel Don Carlos, oppure la ieraticità del suo Mosè di Rossini sono ancora oggi esempi da manuale che nessuna filologia o scuola registica ha superato.

Ma è soprattutto il ruolo di don Basilio, nel Barbiere di Siviglia, che lo ha posto come modello per le generazioni future. Una comicità dirompente e assoluta, in quanto contenuta nei limiti scritti dallo stesso Rossini, senza la ricerca dell’effetto ad ogni costo. In questo caso ci soccorrono due film, “Casa Ricordi” (1954) e la versione cinematografica del “Barbiere di Siviglia” (1955).

Il primo diretto da Carmine Gallone (specialista del cinema musicale), il secondo curato da una maestro del cinema popolare come Camillo Mastrocinque.

La sua ultima partecipazione nel mondo del cinema avviene in una commedia con Alberto Sordi, “Mi permette, babbo!” (1956) regia di Mario Bonnard, dove il cantante interpreta se stesso. E’ bello vederlo in camerino nei semplici, quanto spontanei, atteggiamenti della sua routine di artista.

Giovanni Marchisio ha svolto un lavoro minuzioso e fedele di ricerca nella vita professionale e privata di Neri raccogliendo tutti i documenti possibili.

Lo consigliamo vivamente per la scorrevolezza e la precisione della scrittura. Il volume è corredato di una discografia e di una filmografia completa e di tante notizie interessanti su Turrita di Siena.


Nicola Cisternino: Luigi Nono Caminantes; Il Poligrafo editore 2021, pp. 394, euro 30,00


Come Monteverdi, Palestrina, Bach, Schoenberg e Skrjabin, Luigi Nono è stato il costruttore di una nuova lingua fondata sulla tensione dell’ascolto. Mentre altri musicisti incanalano la loro poetica sul flusso mnemonico di ciò che l’ascolto già rappresenta come acquisizione di abitudini, Luigi Nono rinnova la forza della comunicazione attraverso il ribaltamento delle prospettive, facendo del “silenzio” e della “pausa” il palcoscenico dell’atto musicale.

La formazione di Luigi Nono avviene a Venezia, in un clima di autentica “bottega rinascimentale”, mediante il continuo

raffronto di compositori e metodi compositivi. Un sistema basato sulla conoscenza dell’opera e poi sulla riflessione teorica che ne è scaturita.

Superata la forma statica del manuale scolastico, emerge un percorso basato sul dialogo, come avveniva in Galileo Galilei nel suo “Dialogo sopra i massimi sistemi” oppure nella disputa di rigore pragmatistico nella “prima pratica” e “seconda pratica”, attraverso i dialoghi fra l’Artusi e Monteverdi. Una conoscenza che nasce dalla continua verifica e ricerca all’interno degli “scibili” per rendere dinamico il rapporto con la cultura e la sua storia.

Nel volume curato da Nicola Cisternino, appaiono contributi di varie personalità, in un modo o nell’altro legate a Luigi Nono.

Nuria Schoenberg, moglie del compositore, fornisce interessanti e commoventi testimonianze di vita privata.

L’atteggiamento di radicale intransigenza di Nono verso la sua arte è anche un riflesso dei difficili rapporti generazionali con il padre. Nella lineare coerenza della sua formazione troviamo l’onestà etica del suo mondo.

Compositori come Sylvano Bussotti ed Helmuth Lachenmann mostrano il riflesso della sua incontentabilità nei rapporti con gli altri musicisti. Una indomita incontentabilità di natura “maietiuca”, mai provocatoria o fine a se stessa.

In questo confronto fra discipline e tecnologie, Massimo Cacciari, amico e collaboratore di Nono, indica il percorso verso una nuova conoscenza, verso un linguaggio di sintesi e di profonde intensità. Il superamento del luogo comune e del “suono” comune è marcato dalla crisi della società odierna in conflitto con le proprie radici.

L’uso della tecnologia viene parificato alla collaborazione con l’animo umano, come avveniva nel Rinascimento, quando nuovi mezzi conoscitivi servivano ad unire più conoscenze.

In Luigi Nono non è mai la moltiplicazione delle fonti sonore lo scopo della musica ma la poetica del “silenzio”, la riduzione del suono ad attesa, a tensione verso l’altro, verso l’ascolto.

Il compositore veneziano è stato anche il profeta di questo grande dramma: l’incapacità di ascoltare e ascoltarsi.

Commovente, in questo libro, l’ultima intervista ad Emilio Vedova, suscitatore di idee folgoranti, lanciate come schegge verso i lettori, nell’originalità autentica del suo modo di sentire.

Lo spazio “plurimo” della pittura di Vedova si identifica con l’itinerario creativo di Luigi Nono, nella infinita disarticolazione del discorso musicale in cellule sonore di sconvolgente intensità.


Nel volume sono raccolte alcune fotografie scattate da Nono in Perù nel 1967 e in Groenlandia nel 1986. La capacità del musicista di esprimersi con le immagini è davvero un elemento che completa la sua arte fondata sulla riflessione: il silenzio eloquente dello sguardo che guarda.

Il rapporto con l’ambiente, inteso come spazio abitato dal suono e dall’uomo, conclude il percorso di Luigi Nono mostrando il coinvolgimento di ulteriori elementi che fanno parte dei dilemmi di questo secolo: la collaborazione fra i popoli, l’ecologia, l’etica del dialogo.



Sergio Mora



26 visualizzazioni0 commenti

Post recenti

Mostra tutti

Comments


LOGOS è una pubblicazione di varia umanità. Contiene interventi originali su diversi argomenti. Scopo è aprire un dialogo fra lettori, il più possibile ampio e approfondito, nel rispetto dei valori civili e culturali che l'Umanità sa esprimere con sentimento e ragione.

bottom of page