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La fine dell’epoca aurea della musica e la nascita delle avanguardie





Giuseppe Calvetta: La fine dell’epoca aurea della musica e la nascita delle avanguardie, Franco Angeli editore 2024, pp. 360, euro 42,00


In epoche di bilanci e visioni riassuntive del passato più o meno prossimo, il libro in questione offre la possibilità di concludere alcune considerazioni di ordine estetico e storico che abbiamo già iniziato a intraprendere attraverso gli anniversari di Puccini e Busoni.

Alla domanda irrinunciabile su dove sia iniziata la modernità, l’autore di questo saggio mostra il momento in cui la massima evoluzione del linguaggio musicale coincide con lo stato espressivo medio dei fattori di crescita della stessa musica.

Così come Mozart rappresenta il punto più alto del “melos” fra Settecento e Ottocento, Puccini, Mahler, Strauss rappresentano la coincidenza a noi più consona fra tonalità e atonalità, senza ancora travalicare quella linea d’ombra che da Schoenberg porterà alle avanguardie di Darmstadt.

In quel frangente di anni, fra la metà dell’Ottocento e l’inizio del Novecento, nasce una visione della cultura che riconosce nell’inconscio un modo di modellare la costruzione espressiva.

I compositori prima citati possono essere facilmente sostituiti con i nomi di scrittori quali Thomas Mann, Franz Kafka, James Joyce.

Il piccolo mondo della borghesia, nata dall’Ottocento, deflagra nel magma, privo di certezze dell’incombente secolo breve.

Il ritratto di Puccini si allinea ad una interpretazione della sua musica che tiene conto di un contesto europeo più vasto dei modesti limiti nazionali. La psiche della donna pucciniana apre interessanti parallelismi con le eroine di Strauss.

Mahler viene mostrato all’interno di contraddizioni non ancora sanate in merito al più esatto metodo di interpretare la sua musica.

E’ interessante notare che Daniele Gatti, prossimo direttore della Scala, abbia detto che Mahler è un compositore senza stile. La musica del musicista boemo vive in un continua stato di indeterminatezza che favorirà sovrapposizioni estetiche in continua proliferazione. Vale a dire che la sistemazione definitiva del suo pensiero ci sfuggirà sempre aprendo in noi il confronto continuo con il tempo presente.

Sarebbe, a questo punto, possibile tracciare una nuova sezione aurea della musica nel secondo millennio? Forse no, perché lo stato presente delle cose non permette una visione sia pur approssimativa del percorso che stiamo per intraprendere.

Questo documentatissimo studio indaga all’interno del Novecento per definire quel territorio di abitabilità della musica intesa come esperienza comunitaria in cui riconoscerci. Nel momento che la lingua comune si trasforma in “esperanto” o “tecnicismo”, il patto comunitario fra uomini è concluso per trasformarsi in intellettualismo.

Giuseppe Calvetta è un diplomatico attivo in missioni politiche italiane all’estero. E’ bello sapere sapere che un uomo impegnato in operazioni così delicate sia anche un appassionato studioso della musica.

La sua pratica di musicologo “in partibus” lo accomuna con il ministro francese Bruno Le Maire, già autore di un testo su Carlos Kleiber.

Le vie della cultura sono davvero infinite anche in questa Europa.


Sergio Mora




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