Elke Mascha Blankenburg : Le direttrici d’orchestra nel mondo, Zecchini editore, Varese 2023, pp.323, euro 33,00
Questo libro rende un servizio di notevole significato sull’argomento della professione delle donne direttrici d’orchestra. I recenti libri di Beatrice Venezi e di Claire Gibault aprono uno spiraglio all’interno della difficile carriera musicale delle donne.
In questo testo l’argomento viene visto nella sua ampia totalità, al di là delle singole vicissitudini biografiche. Si possono trarre delle conclusioni mettendo assieme i punti di sofferenza che ciascuna ha dovuto affrontare. Non sono però questi gli elementi su cui
soffermarsi quanto piuttosto una nuova visione della professione che riguarda, in un certo senso, non solo le donne ma l’intera cultura in generale. In questo ambito le donne, con il loro coraggio e la loro forza, fanno da apripista verso una mentalità di assoluta responsabilità nell’arte come nella vita.
La presenza delle donne nella musica è molto più numerosa e antica di quanto possiamo credere. Già nell’Ottocento alcune donne hanno iniziato a prodursi sul podio direttoriale cercando di mostrare le loro capacità.
La dedizione e lo studio compiuto nello storicizzare e rendere conto di questa professione mostra in Elke Blankenburg una passione commovente ed incredibilmente significativa.
Come nelle “Lezioni americane” di Italo Calvino, questo studio presenta degli elementi su cui riflettere per una visione più conscia del millennio che stiamo vivendo.
Troviamo in questo studio non solo un monito verso la parità di genere ma il superamento di una mentalità eccessivamente limitata nel suo asfittico centrismo maschile.
Il risveglio di una cultura in cui le donne portano la perseveranza delle loro competenze ma anche una sensibilità mediatrice di cui per natura sono dotate: questo è uno degli aspetti fondamentali di una più vasta concezione della presenza umana al di là dei generi.
L’attività delle donne nel mondo della musica ed in quello specifico della direzione d’orchestra ci orienta in una geografia futura di sviluppi professionali ed umani in cui trovare nuovi e duraturi equilibri.
Il testo si completa con una scrupolosa elencazione delle biografie delle musiciste protagoniste di questa fondamentale rivoluzione. Il loro numero è davvero superiore ad ogni immaginazione e mostra quanto la presenza della donna nella musica non sia per nulla occulta.
Alberto Fassone: Wilhelm Furtwaengler, pensare e ricreare la musica, Mimesis edizioni, Milano-Udine 2023, pp.188, euro 14,00
L’interesse verso Furtwaengler, interprete e compositore, è in continua crescita.
La sua presenza nel mondo della musica esercita un poderoso magnetismo che non conosce l’usura del tempo. All’interno di un argomento così labile e mutevole come l’interpretazione musicale, Furtwaengler pone continui stimoli di ricerca e meditazione.
Lo studio di Alberto Fassone indaga all’interno dell’arte del direttore tedesco per mostrare le trame segrete della nascita di una concezione esecutiva.
La storicizzazione minuziosa ed attenta è una delle costanti per una ricerca all’interno di una materia che rischia di essere fagocitata da inutili fumisterie e vacue agiografie.
Una disamina, il più possibile scientifica, è necessaria non solo per dare forma ad un “modus” musicale ma anche per stimolare i futuri interpreti nello svolgimento del loro approccio estetico.
Determinante è in Furtwaengler la compresenza del compositore assieme a quella del direttore, anche se la prima qualifica ha avuto minor continuità nella storia critica.
Anche i temi compositivi da lui svolti in ambito creativo lo pongono non lontano dal Novecento storico, ossia da Hindemith, Honneger e Strawinskij.
Il Furtwaengler esteticamente inserito nel proprio tempo lo rende consapevole di una nuova etica interpretativa che non può spiegarsi se non all’interno di molteplici influenze.
Una delle costanti dello studio di Fassone è il contrasto fra musica “come espressione” ed il predominio della “nuova oggettività” di scuola francofortese, motivo ricorrente nel Novecento.
In Furtwaengler troviamo continuità con l’aspetto “sciamanico” di Arthur Nikisch, a sua volta epigono del modello wagneriano. Il direttore tedesco rappresenta un baluardo del romanticismo in chiave nazionalistica ancora attuale nella Germania della prima guerra mondiale. La “Kultur” assume il significato integrale di una connotazione etico-psicologia di una intera etnia.
Il primo Novecento vive questo sintomatico stato di nostalgia con le proprie radici di riscatto ottocentesco. La stessa cosa avverrà anche in Italia producendo, come in terra tedesca, la dittatura.
L’ingenuità romantica, di stampo goethiano, di Furtwaengler rappresenta una “full immersion” nello spirito vitale della “Kultur” come espressione e atto di vita.
Il fascino esercitato dal direttore direttore tedesco è in questa unica ed improponibile visione dell’arte come continuità degli eventi generati dalla storia. Le sue interpretazioni riescono a trasmettere qualcosa che va’ oltre le note per assumere il senso di necessità insito nella produzione artistica.
Anche in un secolo dominato dalla tecnologia e dallo scrupolo filologico, il suo esempio continua a stimolare l’interesse dei musicisti e dei comuni appassionati. Il suo pensiero ci consente di porci continue domande per ricercare l’origine di ogni forma musicale.
Eduard Hanslick: Da tempi recenti e recentissimi, a cura di Francesco Bussi, LIM editrice, Lucca 2023, pp. 267, euro 30
Questo testo si pone in perfetta continuità con gli argomenti affrontati nei due libri sopra recensiti. La direzione d’orchestra ed i contenuti oggettivi e soggettivi espressi dalle note sono il termine di indagine di uno dei critici e musicologici più importanti fra Ottocento e Novecento ossia Eduard Hanslick.
Nel secondo Ottocento si presentò una netta frattura fra l’estetica rappresentata da Wagner e quella di Brahms. Hanslick prese posizione diretta contro Wagner ed i suoi adepti favorendo il classicismo di Brahms. Su di un altra sponda si mosse Friedrich von Hausegger con il libro “ Die Musik als Ausdruck”, “La musica come espressione”, ovvero la legittimazione del contenuto poetico della musica espresso da Wagner e soprattutto da Franz Liszt.
Questa ferita culturale ha preparato i presupposti di un Novecento incline all’analisi strutturale di ogni discorso poetico. Hanslick è fra questi riformisti della concezione estetica basata esclusivamente sul valore espresso semanticamente dalla partitura.
Il suo celebre saggio “Il bello musicale” ribadisce il concetto che la musica significa solo se stessa, ossia il suo significato può essere verificato solo all’interno della stessa costruzione compositiva. Apporre ad un testo musicale un ulteriore e didascalico senso poetico o filosofico non ha nulla a che vedere con la musica come linguaggio.
Questo libro può essere visto come il risultato più ovvio della sua ermeneutica: la messa in pratica di una concezione critica all’interno dell’attività di recensore musicale.
La raccolta di articoli di Hanslick, contenuta nel volume, ci mostra la capacità di reazione
critica dell’autore davanti alle novità del mondo musicale della sua epoca.
Nella funzione quotidiana del suo ruolo di commentatore musicale Hanslick non era così terribile e collerico come lo si poteva immaginare. Sappiamo che alcuni celebri nomi della cultura viennese avevano letteralmente paura di lui, in primis Anton Bruckner.
La sua disamina critica si muove su elementi obiettivi, meditati con cautela, senza evidenti
pregiudizi. Spesso, all’interno delle semplice pacatezza di una constatazione, si insinua la verità di un compositore, come accade quando scrive di Zemlinsky, di Goldmark e di Cajkovskij. Di quest’ultimo Hanslick propone il dualismo con l’amato Brahms, mostrando il nucleo di una visione della sinfonia in linea con lo sviluppo occidentale europeo.
Rispetto alla maggior parte dei critici musicali dell’epoca, Hanslick dimostra di sapersi districare nei giudizi facendo capo ad una conoscenza storica ed estetica pregressa, senza alcun eccesso di voli pindarici e di palesi faziosità.
La musicologia come “scienza applicata” alla necessità cronachistica dei giornali è uno dei meriti indiscussi dello studioso viennese. Forse, per la prima volta, la valutazione di un concerto o di uno spettacolo operistico viene passata al vaglio di alcune fondamentali acquisizioni scientifiche per poter esprimere il lato obiettivo dell’evento stesso, senza lasciarsi prendere dal lato umorale del primo impulso.
Il persistente pregiudizio wagneriano può essere meglio individuato come premonizione storica di una mentalità falsamente europeistica, foriera di lacerazioni belliche purtroppo divenute realtà.
L’antologia critica degli scritti di Hanslick è una sorta di breviario intellettuale, sgombro di approssimazioni mentali e luoghi comuni, un modo di riflettere sullo studio della musica senza indulgere in una definizione complessiva, come avvenne nella sua opera maggiore “Il bello nella musica”.
Francesco Bussi, illustre studioso di poderose capacità divulgative, integra gli spazi oscuri del mondo di Hanslick con spiegazioni rapide ed illuminanti.
L’affinità del curatore con l’opera di Brahms aiuta a comprendere meglio il concetto di classicismo come chiarezza di idee espresso tramite l’arte. Il sintomo della confusione estetica è il viatico di ben più gravi e letali percorsi storico-politici.
Sergio Mora
Kommentare