atti del convegno di studi
A cura di Ettore Borri - Zecchini Editore, Varese, 2020, pp.162, 25,00 €
Il centenario della nascita di Guido Cantelli (1920-1956) è stato celebrato nella nativa città di Novara cogliendo l’occasione per ripristinare il concorso omonimo, per giovani direttori d’orchestra, e per fare il punto sulla direzione d’orchestra in Italia. Il premio Cantelli, non più attivo dagli anni Ottanta, è stato assegnato alla neozelandese Tiany Lu. Il convegno di studi si è svolto l’anno precedente, coinvolgendo come relatori studiosi di fama come Ettore Borri, Oreste Bossini, Alfred Brendel, Gianfranco Capra, Aldo Ceccato, Angelo Foletto, Mario Giarda, Piero Rattalino, Donato Renzetti, Guido Salvetti, Alberto Viarengo.
Non si poteva fare un omaggio di miglior spessore culturale a Cantelli che inserendo la sua figura nell’ambito dello sviluppo della disciplina direttoriale nel nostro paese. E’un percorso che indica l’evoluzione artistica e sociale dell’Italia unificata in cui, non solo vengono create importanti infrastrutture e nuovi assetti urbanistici, ma anche la musica supera la comunicazione teatrale del melodramma per ampliarsi in ambito concertistico. Sia Verdi che Wagner sentono la necessità di sostenere le proprie opere non solo come autori ma anche come interpreti. La fase direttoriale di Verdi (solitamente negletta) si manifesta negli anni di Aida e della Messa da Requiem. A differenza di Wagner, Verdi non scrive saggi teorici, ma inizia a pubblicare “le disposizioni sceniche” per l’allestimento delle sue ultime opere, distanziandosi dall’improvvisazione e creando una indiscutibile unità d’intenti fra musica e scena. Gli argomenti presentati dai testi del convegno, mostrano lo sviluppo di un’arte che coincide con l’evoluzione tecnologica del paese: l’inserimento dell’Italia nell’evoluzione europea del secolo scorso. La nascita delle Società del Quartetto, per la diffusione della musica sinfonica e il parallelo interesse dell’editoria per la pubblicazione di guide informative sulle nuove composizioni, mostrano un intento formativo e pedagogico a vasto raggio. Pionieri del podio come Angelo Mariani e Franco Faccio (entrambi nati sotto l’egida di Verdi) diventano figure primarie, responsabili della programmazione e dell’esecuzione della nuova produzione operistica e sinfonica. Il direttore d’orchestra, riunendo in una sola figura sia il concertatore che l’interprete, diventa il sostituto del compositore davanti all’orchestra e ai cantanti. Il teatro d’opera e la sala da concerto abbandonano il loro stato di luoghi di divertimento per diventare luoghi di cultura.
Molto opportuno il testo di Oreste Bossini nel riesumare la perduta fisicità delle posture direttoriali attraverso l’esame delle caricature d’epoca. Possiamo vedere, non solo la nuova posizione del direttore sotto il palcoscenico, con il controllo degli strumentisti e dei cantanti, ma anche la trasmissione del gesto dalla scuola tedesca (più avanzata) a quella italiana. Mi riferisco soprattutto alle immagini di von Bulow e a quelle di Franco Faccio, dove si può notare come il direttore italiano abbia incorporato una gestualità di nuovo conio, prima inesistente. Arturo Toscanini completa questa fase pionieristica proponendo un perfetto equilibrio fra testo e suono: l’eredità italiana, che dal Rinascimento di Piero della Francesca alla modernità del grattacielo Pirelli, mostra la chiarezza inequivocabile delle linee espressive attraverso il discorso musicale. L’arco generazionale che procede da Toscanini a Cantelli, chiude un ciclo estetico che è proprio della nostra cultura, dove l’arte diventa veicolo di conoscenza, attraverso l’acquisizione di nuove tecniche.
Sottolineo l’interessante studio sul concetto di arte e impresa, mediante l’esame dell’epistolario dell’editore Sonzogno e il direttore d’orchestra Leopoldo Mugnone. Entrambi sono stati i propugnatori della “giovane scuola”, ossia della musica verista a cui appartenevano Mascagni e Leoncavallo.
Angelo Foletto entra con maggior analiticità nell’arte di Cantelli, mostrando la continuità con Toscanini ed il rapporto con le generazioni successive. Un particolare inserto riguarda il repertorio moderno di Cantelli e come lo studio di nuove composizioni abbia influenzato il suo rapporto con la tradizione. Il concetto di interpretazione si rinnova sempre attraverso la modernità e l’evoluzione della scrittura musicale.
Piero Rattalino racconta l’approccio con l’orchestra di alcuni direttori da lui conosciuti. Emerge una linea continuativa in cui la logica e la reattività si impongono come elementi base dell’intelligenza direttoriale. La capacità di salvare una esecuzione, correggendo eventuali svarioni degli strumentisti con preveggenza.
Mario Giarda spiega il rapporto di Cantelli con Novara: dagli anni dell’esordio al Teatro Coccia al concerto conclusivo. Un breve ricordo del direttore novarese viene evocato dal maestro Aldo Ceccato. Anche Donato Renzetti, l’ultimo premio Cantelli del 1980, spiega come sia entrato in contatto con il celebre musicista di Novara, narrando una vicenda famigliare risalente al padre, percussionista alla Scala.
Pur nella vastità delle singole trattazioni, questo libro permette di mettere a fuoco quest’arte sfuggente, “scritta sull’acqua”, mostrando il suo significato nella storia e nelle continue acquisizioni scientifiche. Soprattutto risalta il tratto italiano della ricerca della perfezione che unisce l’antico spirito rinascimentale con una nuova modernità.
Sergio Mora
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