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L’etica dell’esplorazione spaziale


La sonda Perseverance (immagine NASA)





È di questo inizio anno la notizia che la sonda americana Perseverance è atterrata con successo su Marte carica di strumenti capaci di eseguire test del suolo e dell’atmosfera del pianeta rosso con lo scopo di scoprire se in passato ci sia mai stata vita, anche semplicemente a livello microbico.

Dopo Marte seguiranno altre missioni con lo stesso scopo, sia all’interno del nostro sistema solare che all’esterno. La scoperta (ormai possiamo dire abbastanza probabile) che non siamo soli nell’universo e che la vita si potrebbe essere sviluppata al di fuori del nostro pianeta, sarebbe un evento d’importanza inimmaginabile, forse la più grande scoperta che l’Uomo potrebbe mai fare. Le conseguenze scientifiche, ma anche filosofiche ed etiche, sarebbero davvero enormi. Vale dunque la pena, secondo me, di impiegare risorse per questo nobile scopo.

Meno nobile, invece, mi pare l’utilizzo di enormi risorse economiche per la conquista di nuovi mondi con la scusa che ormai la Terra è destinata alla catastrofe per una ragione o per l’altra (cambiamenti climatici, guerre nucleari etc.). Anche se il compianto Stephen Hawking la pensava così, immaginate cosa vorrebbe dire, e soprattutto costare in termini di soldi (e di tempo), impiantare basi su altri pianeti e portarvi poi miliardi di esseri viventi a viverci, mentre nel frattempo la Terra si sta scaldando a ritmi tali da non darci nemmeno il tempo di impiantare le prime basi lunari?

Ancora più inquietante la corsa allo sfruttamento di risorse minerarie che potrebbero abbondare sulla Luna, ma anche sulle migliaia di asteroidi che gravitano nello spazio. Questa non è scienza. Nella maggior parte dei casi si tratta di una rinnovata caccia all’oro che ha come unico movente la cupidigia e l’egoismo di chi intende solamente arricchirsi.

Che dire poi dello sviluppo del turismo spaziale, cioè l’utilizzo di risorse finanziarie al fine di permettere a degli annoiati nababbi senza idee di fare giri turistici nello spazio al costo di centinaia di migliaia di Euro.

Come ha scritto Michele Serra su Repubblica a proposito dei Paperoni mondiali: “Non ho idea di come ci si senta con mille miliardi di euro in tasca. Certo, è difficile riuscire a spenderli tutti con le sciantose o al baccarà, alla maniera degli avi dissipatori. Ma per esempio: irrigare i deserti? Ripulire gli oceani dalla plastica? Dare scuole agli analfabeti? Ospedali ai malati? Coprire d'oro chi fa ricerca sul cancro? Insomma, trovare la maniera di restituire alla propria comunità (alla propria clientela, direbbero forse Bezos e Musk) almeno una parte dei quattrini che la politica, negli ultimi cinquant'anni, ha rinunciato a riscuotere in forma di tasse?”.

Teniamoci stretto questo bel pianeta! La Terra non sarà il centro dell’Universo, ma guardate che differenza con le tristi lande desolate di Marte dove domina il rosso dell’ossido di ferro, la poca atmosfera non ripara dai raggi cosmici, le temperature sono estreme e il Sole è un pallido astro biancastro. Salvare il nostro pianeta non è solo possibile ma è il giusto prezzo da pagare alla nostra intelligenza. Basta indirizzare i nostri sforzi verso i giusti obiettivi.


Luca Maltecca




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