Due recenti studi, dedicati a due nomi del Novecento musicale, Umberto Giordano ed Ennio Morricone, ci permettono di individuare, nel comune atteggiamento estetico dei due artisti, il lato complesso di una ricerca stilistica perseguita in modo “invisibile”. Lontani da proclami o etichette di “scuola”, questi musicisti mantengono in modo forte e cogente il loro rapporto con il pubblico e la continuità dell'ascolto a loro sempre tributato.
Leonardo Di Nino: Ennio Morricone, un ritratto; Arcana edizioni, 2021, pp. 214, euro 16,50
Questo libro su Ennio Morricone, dovuto alla perizia di Di Nino, è senza dubbio un caposaldo sullo studio della figura del musicista romano da poco scomparso. Vengono messe a fuoco le caratteristiche principali dell'evoluzione del pensiero e della forma
musicale di Ennio Morricone. Bisogna sottolineare la precisione con cui viene spiegata la continuità, nell'opera di Morricone, fra musica “applicata” e musica “d'ascolto”, passando attraverso la mai dimenticata sperimentazione e il rapporto di arrangiatore nel campo della canzone di consumo.
Veramente illuminante è la chiara descrizione analitica della celebre canzone “Se telefonando” di Mina, autentico paradigma dimostrativo della convivenza fra popolare e colto.
La musica di Morricone non rinuncia mai alla propria appartenenza all'avanguardia post-bellica, nello stesso tempo mantiene la propria fruibilità attraverso i “generi” più battuti della “musica leggera” e le esigenze della “musica da film”.
Attraverso alcune interessanti interviste (Aldo Lado, Gilda Buttà, Fabio Venturi) vengono mostrati gli apporti tecnici che Morricone deve alle recenti strumentazioni e come l'elemento meccanico non rientri mai nel suo fare musica. Soprattutto si sottolinea l'accesso a strumenti culturali contemporanei, come la “serialità”, il “minimalismo”, l'utilizzo delle “fasce sonore”, già care a Ligeti e a Luigi Nono. Questi nuovi “ismi” della recente modernità, vengono sempre adoperati in funzione espressiva, all'interno delle sue “colonne sonore”.
La musica da film non è più un “sottogenere” ma il completamento necessario di un processo cumulativo di conoscenze dove è sempre mantenuto “invisibile” il legame con l'accademia e le scuole d'avanguardia.
Il pubblico viene reso partecipe della “modernità” senza subirne lo scontro delle dialettiche. Nella musica per “La migliore offerta”, il gusto “neo-rinascimentale” per il “mottetto” viene dissolto, tramite l'utilizzo delle “fasce sonore” e l'elaborazione elettronica, all'interno di un pulviscono emotivo da cui emergono emozioni di assoluta “spazialità”.
Questo libro ci offre, tramite un linguaggio di estrema chiarezza, una rapida sintesi della ricchezza di argomenti contenuti nella musica di Morricone. Lo stesso musicista ci viene presentato come il “collettore” di quattro secoli di musica, il culmine stesso di una intera Civiltà.
Il libro di Leonardo Di Nino è un contributo fondamentale per la comprensione della musica e della comunicazione di questi ultimi decenni.
Agostino Ruscillo: Umberto Giordano, l'uomo e la musica; Torino 2021, pp. 504, euro 32,00
Umberto Giordano è veramente una presenza artistica “invisibile” all'interno del mondo del
melodramma post-ottocentesco. La sua scarsa visibilità dipende dal numero esiguo di opere giunte a pieno successo: Andrea Chénier e Fedora. La collisione con il “verismo” e il “decadentismo” fanno di Giordano un artista di frontiera.
Il dilemma “modernità e tradizione”, determinante per Puccini, assume per il musicista pugliese l'aspetto di un perenne confronto e anche di una rinuncia.
Giordano è un escluso dal biografismo letterario e musicologico, considerato uno dei tanti artisti sorti nel periodo critico del melodramma accanto a Puccini, Mascagni e Leoncavallo. Questo ampio lavoro di Ruscillo analizza la produzione di Giordano mostrandone il sottile gusto evolutivo in antagonismo con la nascente arte cinematografica. Come il teatro e la musica del Novecento dovessero fare i conti con il taglio “rapido” ed efficace del cinema e di altri mezzi di riproduzione come il disco.
In questo improvviso mutare dei gusti Giordano si era occupato del rinnovamento strumentale nelle partiture dei classici, risultando in sorprendente anticipo sui tempi. Interessante è anche la contemporaneità fra il contesto della Rivoluzione francese nello “Chénier” e i moti sociali scoppiati a Milano nel 1898: un tratto di attualità che rese l'opera “capolavoro” di Giordano di forte impatto pubblico.
Lo “Chénier” è stato scritto con un metodo “semiologico” sperimentale basato sullo studio dei suoni reali, vale a dire riducendo le varie parti strumentali alle sole chiavi di violino e di basso. Malgrado il sostegno dato a quest'idea da personalità come Boito e Massenet, il metodo di Giordano non trovò applicazione.
Il libro di Ruscillo permette di conoscere in tutta la sua complessità l'arte di Umberto Giordano, liberandola da facili schematismi come l'abusato “verismo”. Il continuo riferimento alle pagine diaristiche dello stesso musicista, individuano l'uomo nel difficile periodo fra la dittatura e la seconda guerra mondiale.
L'estetica complessiva di Giordano si muove all'interno di un flusso evolutivo di competenze tecnologiche che mostrano la sua straordinaria capacità di ricerca e mutamento nella crisi dell'Occidente.
Un libro indispensabile per meglio approfondire il rapporto fra la tradizione musicale italiana e l'ambito innovativo europeo. Questo documentato revisionismo critico ci permette di guardare in modo diverso ad artisti confinati nello spazio angusto di un superficiale giudizio di “genere”.
Sergio Mora
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