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L'esempio di Primo Levi



Primo Levi abbandonò la fede ebraica – e la fede tout court – dopo la terribile vicenda che visse ad Auschwitz, da cui era scampato per miracolo. Torinese, chimico, antifascista e partigiano, Levi (1919-1987) fu catturato nel 1943 e spedito nel peggior campo di concentramento e di annientamento tedesco, riuscendo a sopravvivere (un amico lo nutriva a rischio della vita) insieme con altri 20 compagni sui 650 del suo gruppo. Fu liberato dai Sovietici all’inizio del 1945. Solo molto più tardi, Levi scriverà Se questo è un uomo di getto (l’assistenza della moglie Lucia Morpurgo fu la chiave dell’operazione). Aveva urgenza di portare una testimonianza che fosse di rivelazione di ciò che era accaduto: si sarebbe trasformata, secondo lui, in importante monito generale. Einaudi rifiutò la pubblicazione (c’era ancora molta incredulità intorno ai lager).

Solo un piccolo editore (De Silva) accettò di pubblicare il libro che divenne poi fra i classici della letteratura sulla Shoah e sull’incredibile brutalità dell’uomo (la seconda cosa stava più a cuore al Nostro). Levi divenne scrittore a tempo pieno dopo il 1975: era andato in pensione, aveva lasciato la sua occupazione di direttore tecnico di una fabbrica torinese di vernici e si era messo a scrivere con calma. Nel frattempo, Einaudi aveva stampato Se questo è un uomo con grande successo di vendita e Levi aveva steso il testo de La tregua, un’opera sempre in tema, ma più meditata, che ebbe lo stesso successo del primo libro. Seguirono altri romanzi minori e, poco prima di morire misteriosamente (suicidio, disgrazia?) lasciò una sorta di saggio notevole: I sommersi e i salvati. Questa sorta di saggio rende evidente la casualità di una morte e di una sopravvivenza, polverizzando l’individualismo, la personalità. Il campo nazista rappresenta alla meglio (?) il carattere del sistema che alla fine, infatti, l’ha prodotto.

L’equazione torna: valori parziali e meccanici uguale uomini ridotti ad ingranaggi da usare e da buttare quando sfruttati, spremuti. Da semplice strumento di una società addormentata su se stessa, Primo Levi diventa un uomo pensante a tutti gli effetti: egli deve riconoscere, sotto questa veste nuova, il fallimento dell’intelligenza, della sensibilità. Ma senza questi valori, non si progredisce: il nazismo ha messo in chiaro le conseguenze della deficienza. Lui, in fondo, sperava fortemente che l’equazione cambiasse e contava su qualche appiglio di ordine sia morale sia pratico adatto allo scopo.

Lo sperava per il futuro dell’uomo. (Dirce Lerici)




 
 
 

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