Di Bosch si possono dire molte cose, dare diverse interpretazioni dei suoi lavori, definirlo un moralista religioso, un fustigatore della Chiesa o un misterioso interprete di un mondo magico, dissacrante e inquietante. Una cosa è certa: siamo di fronte ad un artista che rappresenta al meglio, con le sue opere, il periodo storico in cui vive, con una lettura profonda della ormai decadente cultura medievale e un’apertura al pensiero illuminato del rinascimento. E’ bene innanzitutto ricordare che la situazione culturale entro la quale si muove è quella di fine quattrocento caratterizzato dagli eccessi dell’Inquisizione (nel 1483 Torquemada organizza in Spagna il tribunale dell’Inquisizione; 1498 Savonarola è condannato al rogo). Il clima culturale nel quale vive è comunque molto diverso da quello in cui operano gli artisti italiani.
Hieronymus Bosch, pseudonimo di Jeroen Anthoniszoon van Aken, nasce tra il 1450 e il 1455, (forse il 2 ottobre 1453) a 's-Hertogenbosch (che significa: il bosco del duca – il duca di Brabante) una cittadina nel Sud dei Paesi bassi, da una famiglia originaria di Aquisgrana (in olandese Aken). Sia il padre Anton sia il nonno Jan sono pittori. Pittori anche i suoi due fratelli Goossen e Jan. Non si conosce molto dei suoi primi anni ma è probabile che i primi rudimenti artistici li apprenda direttamente in famiglia. E’ sostanzialmente un contemporaneo di Leonardo Da Vinci ma il mondo in cui vive è, come dicevamo, radicalmente differente da quello in cui si muove l’artista toscano. Hieronymus è un uomo molto religioso e non è corretto definirlo, come fatto da qualche suo contemporaneo, come un eretico. Nel 1487 Entra a far parte della confraternita di Nostra Diletta Signora, istituzione dedita alle opere di carità ma anche al contrasto delle sette, a quel tempo molto numerose. Costante è anche però la sua critica verso quella parte di Chiesa, troppo secolarizzata, che interpreta il vangelo in modo arbitrario. Gli sono attribuite anche frequentazioni della setta, considerata eretica, degli Homines Intelligentiae, ispirata a un altro sodalizio (quello dei Fratelli e Sorelle del Libero Spirito) i cui adepti sono indicati come dediti a pratiche esoteriche e adamitiche. In modo certamente forzato viene imputata a questa sua affiliazione la ricorrente raffigurazione di mondi surreali con figure mostruose.
Nel 1478 sposa Aleyt de Meervenne, una delle donne più ricche di ‘s-Hertogenbosch. Ciò gli consente anche di lavorare quando e per chi vuole, senza avere mai alcuna preoccupazione economica. La loro unione rimarrà senza figli. Dal 1488, grazie alla nuova posizione sociale ed economica, è registrato tra i "notabili" della Confraternita, un gruppo selezionato di circa cento persone per lo più legate all'alta borghesia cittadina. Del periodo tra il 1500 e il 1504 non si hanno documenti che lo riguardano. Probabile un suo un viaggio in Italia con tappa a Venezia.
La sua fama si diffonde velocemente in Europa. La Regina Isabella di Spagna acquista tre suoi dipinti così come anche il cardinal Domenico Grimani di Venezia (5 dipinti di Bosch nella sua collezione privata). Nel 1504 Filippo d’Asburgo (detto Il Bello) gli commissiona un quadro sul Giudizio Universale. In Italia sono presenti appena tre opere del pittore olandese, tutte conservate a Venezia, alle Gallerie dell’Accademia. In Europa è noto anche come El Bosco (in Spagna) e Gerolamo Bosco, o Bosco di Bolduc, in Italia.
Bosch, con rarissime eccezioni, non firma e non data mai i propri dipinti, lasciando spesso dubbi sull’attribuzione dei suoi lavori. Inoltre, molte sue opere sono distrutte durante il “ripristino di un’arte ordinata” frutto dei dettami della Riforma, con la conseguenza che oggi le attribuzioni sicure di quest’artista non sono più di trenta.
Bosch ha un’evoluzione stilistica molto veloce; abbandona presto i canoni degli antichi dipinti per proporre opere che rappresentano una novità. I suoi dipinti sono caratterizzati da grande originalità, con scene diaboliche, irreali e con strane e spaventose creature, creando così un mondo fatto di sogni e di incubi. Utilizza in modo ricorrente la simbologia del rospo, animale che, per i suoi caratteri da molti ritenuti anti-estetici e per la sua capacità di secernere sostanze tossiche attraverso la pelle, è sempre stato associato al negativo, fino a essere giustappunto definito una creatura demoniaca. Bosch vede il diavolo in mille modi diversi, con teste di rapace, con copricapi improbabili e talvolta tutto nero. Con le sue rappresentazioni mette in scena i conflitti dell'uomo rispetto alle regole imposte dalla morale religiosa, quindi la caduta nel vizio e il destino infernale.
Senza scomodare lo spirito che porta alla creazione delle Wunderkammer tedesche, si ha la sensazione che Bosch ne voglia creare, quasi inconsapevolmente, una tutta propria, mentale e popolata di molti Mischwesen (esseri mescolati). Qui riprende una tradizione antichissima (basti anche solo ricordare la Sfinge egizia o le chimere greche) nel rappresentare la complessità della mente umana con figure “ibride”. Addirittura Hieronymus pare richiamare le leggende di antica origine persiana e biblica, molto in voga nel medioevo, quali ad esempio quella di Gog e Magog, creature diaboliche e mai descritte allo stesso modo, anche se sempre presentate con tratti mostruosi. Le sue opere sono vere e proprie visioni.
Le figure dipinte hanno probabilmente per i cristiani del XV secolo un significato bene preciso. Bosch stesso pare inoltre aver tratto ispirazione per le sue creature, dai codici miniati medievali e dai cosiddetti “grilli”: figure bizzarre originarie del mondo classico che ricorrevano di frequente in libri, incisioni e fregi di chiese medievali.
Troveremo qualcosa forse di simile, circa tre secoli più tardi, nelle opere di Fussli, con la sua pittura popolata da streghe e creature diaboliche.
Scarsamente attendibili sono i tentativi fatti dalla critica, nel corso dei secoli, di spiegare i lavori di Bosch con la sua partecipazione (vera o presunta) alle sette, la sua attività alchemica (mai dimostrata – era però un attento studioso di alchimia e astronomia), alla frequentazione degli ultimi ambienti catari europei. Qualcuno ipotizza addirittura l’uso da parte sua di sostanze allucinogene. Vero è comunque che i suoi dipinti sono carichi di misteriosi significati simbolici, con frequenti riferimenti alle simbologie dell’universo alchemico, al mondo della magia e dei tarocchi (la figura del Matto) e, naturalmente, alla simbologia sacra.
Sebbene non esistano collegamenti diretti tra Erasmo da Rotterdam e Bosch, sono evidenti le connessioni indirette tra i dipinti dell'artista e La nave dei folli di Sebastian Brant (stampata nel 1494 con illustrazioni di Albrecht Dürer), che fece da principale fonte di ispirazione per l'Elogio della follia.
I temi maggiormente affrontati da Bosch riguardano l’ambito morale delle persone, i dogmi religiosi e la condanna dei peccati. I temi trattati e l’utilizzo del “grottesco” fanno sì che il suo lavoro non possa però essere riconducibile né alla pittura fiamminga del ‘400 né all’arte rinascimentale. Bosch presta molta cura al disegno preliminare. E’ uno dei primi artisti a fare disegni come lavori indipendenti e non propedeutici ai dipinti. L’esecuzione dei suoi lavori è piatta, a due dimensioni; la sua pittura ad olio, spicca per i colori brillanti e nitidi e per la cura maniacale dei dettagli. Il suo stile si basa inizialmente su accostamenti cromatici puri. La pennellata è morbida. Gli anni della maturità lo vedono curare ancora di più il dettaglio (con una minuziosità tipicamente nordica), dedicandosi a composizioni sempre più affollate.
Gran parte dei suoi dipinti sono su tela; ma la sua opera probabilmente più importante è su
tavola: il Trittico del Giardino delle Delizie una tavola di 2,2 m. x 3,9 m., ora al museo del Prado. L’opera, realizzata tra il 1505 e il 1510, è divisa in tre pale. La prima, sulla sinistra, raffigura la creazione del mondo; la seconda, quella centrale, rappresenta una sorta di paradiso terrestre, teatro di piaceri terreni e “peccati della carne”. La conseguenza di questa condotta di vita dissoluta è evidente nel terzo e ultimo pannello: l’Inferno. È qui che si esprime tutta la capacità simbolica di Bosch: creature diaboliche dalla forma bizzarra, strumenti musicali usati come arnesi di tortura e infiniti dettagli tuttora oggetto d’interpretazione da parte degli studiosi. Il trittico chiuso rappresenta La creazione del mondo, attraverso una sfera sospesa nel vuoto. Il Trittico delle Delizie, considerato il più grande e ambizioso capolavoro di Bosch, è un’opera talmente complessa e misteriosa da legittimare qualsiasi di chiave di lettura. Probabilmente il dipinto affronta il tema prediletto dal pittore olandese, ossia il destino infernale dei peccatori che abusano della libertà concessa da Dio all’uomo. Se Il Giardino delle Delizie può essere considerato il suo capolavoro, è comunque certo che altri dipinti hanno avuto ed hanno ugual fama e si possono considerare opere di assoluta bellezza e importanza. Vale ricordarne alcuni, su tutti.
L'Estrazione della pietra della follia del 1494. Il tema del dipinto si rifà al detto popolare che indicava i pazzi come coloro che hanno un sasso nella testa. In essa, il chirurgo, sotto lo sguardo di un monaco e di una suora, indossa un copricapo a forma d’imbuto simbolo di stupidità, qui usato come pesante critica mossa contro chi crede di sapere ma che, alla fine, è più ignorante di chi deve curare dalla «follia». In quest’opera Bosch rivela anche la sua vena ironica spesso utilizzata per mettere alla berlina la superstizione, l’ignoranza e la facile credulità.
La Nave dei folli, sempre del 1494, è ispirata dal poema satirico La nave dei folli (Das Narrenschiff), del già citato umanista Sebastian Brant. Nel poema un gruppo di pazzi s’imbarca su una nave per Narragonien, la terra promessa dei matti, prima del naufragio arrivano a Schlaraffenland (una parodia del Paradiso), la terra della cuccagna. Nel dipinto i pazzi sono stipati su una nave; per nocchiere c’è un suonatore di cornamusa e come albero della barca utilizza quello della cuccagna. In quel periodo i pazzi non erano esclusi, perché si riteneva che a volte Dio si esprimesse attraverso di loro ed erano lasciati liberi di girare per le campagne.
Nel Trittico del carro del fieno (1500-1516) il pannello centrale mostra un carro con una gigantesca balla di fieno, trascinato da creature diaboliche. Il dipinto rappresenta la frenesia della vita guidata dalle passioni e dai vizi. Il fieno rappresenta i beni materiali della terra. Presenti numerose figure di uomini-mostri, con il viso dell'animale, significanti il vizio.
Bosch muore, forse a seguito di un’epidemia di colera documentata
proprio a ‘s- Hertogenbosch, il 9 agosto del 1516. Alla sua morte gli sono tributati grandi onori. Segue poi un lungo periodo, dove è dimenticato sino all’’800, quando la sua fama torna, ad essere grande e le sue opere sono conosciute e apprezzate in tutto il mondo (La critica arriva a definirlo l’antesignano dell’Artista Maledetto).
Nel XX secolo la sua fama riprende ulteriormente vigore grazie anche all’attenzione degli artisti dell’Avanguardia Surrealista (Magritte, Dalì e Mirò in particolare).
Franco Vergnaghi
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