Dall’analisi di due testi di opposta tendenza, di recente pubblicazione, abbiamo la possibilità di verificare le condizioni comunicative e conoscitive che il discorso musicale può indicare.
Edouard Schurè: Richard Wagner, Oaks editrice, 2021, pp 252, euro 20,00
Questa interessante ristampa pone la nostra attenzione sulla figura di Schurè (1841-1929), scrittore e studioso di esoterismo, nonché
sostenitore della cultura teosofica.
La sua immagine si era sbiadita nella memoria ma, da alcuni anni, tornano alla ribalta alcune opere, come ad esempio “I grandi iniziati”, summa della sua visione “antipositivista” contrastante con lo scientismo novecentesco.
Edouard Schurè biografo di Wagner, come nella disamina svolta nei “grandi iniziati”, individua nel musicista tedesco la convergenza fra etica ed estetica: la “gnosi” come atto magico.
Wagner è il moderno “sciamano” capace di sollevare il “velo di Maia” delle conoscenze umane, avvalendosi dell’arte nella sua forma più completa.
Schurè individua nel teatro di Wagner la capacità della borghesia di superare i suoi conflitti facendo a meno degli psicologismi di Ibsen e di Bernard Shaw.
Per la prima volta viene indicato in Wagner il grande terapeuta del secolo declinante, contrariamente a Nietzsche che, nel musicista tedesco, riconosce i sintomi pervertitori del “decadentismo”.
Il pensiero di Schurè ci riporta alla magia onirica di una conoscenza simbolica che conferisce agli elementi impalpabili ed astratti della mente una virtù rivelatrice.
Questa concezione sottilmente analitica, post-romantica ma sostanzialmente polemica nei confronti di ogni relativismo “scientista”, vuole conferire all’estetica un ruolo “rivelatore” nell’ambito della “conoscenza”. Tutta l’interpretazione dell’opera di Richard Wagner è piegata a questo fine che lo stesso musicista condivideva.
Questo libro, pubblicato in Italia per la prima volta nel 1930, ha avuto un influsso particolare sull’arte interpretativa di Victor de Sabata, che in quegli anni esordiva alla Scala con un celebre “Tristano e Isotta”. La mescolanza di umori sia francesi che tedeschi, tipica della visione wagneriana di Schurè, come quella di Catulle Mendez e Charles Baudelaire, anticipava nel musicista un latente “impressionismo”.
Come consulente della casa editrice Laterza, Benedetto Croce è stato fra i promotori della fortuna critica dello scrittore belga e della divulgazione di alcune correnti del pensiero esoterico.
Il curatore di questa nuova edizione, Giovanni Sessa, indica in Schurè il dilemma di questo millennio, che già era stato motivo di riflessione all’inizio Novecento: la visione “populistica” dell’oltreuomo, oppure l’egualitarismo estremo dell’ultimo uomo. La propensione del nostro tempo sembra volgersi verso quest’ultima tesi.
La lettura del libro offre interessanti spunti di riflessione. Un testo dimenticato che, al di là dello spunto biografico, intende mostrare una “visionarietà” di fondo, capace di oltrepassare i limiti della scienza attraverso l’arte.
Lorenzo Arruga: Accordi; Archinto editore 2021; pp.314; euro 28,00
Lo scorso anno è scomparso il giornalista e critico
musicale Lorenzo Arruga (1937-2020).
Nell’ambito della comunicazione di un argomento così difficile come la musica, Arruga è stato un vero esempio di “fascinazione”. Intendo dire che Arruga era capace di far scaturire nel lettore l’interesse per l’argomento anche qualora fosse completamente a digiuno di ogni cognizione storica o tecnica. Era capace di trasformare un semplice “neofita” in un vero e proprio “iniziato” ai misteri di una forma d’arte inesauribile e totalizzante.
Il libro di scritti di Arruga, in forma diversa, si ricollega ad una visione “magica” dell’estetica musicale, così come era stata delineata dal libro di Schurè. La differenza sostanziale è nell’approccio diretto, amichevole e confidenziale che Arruga propone nei confronti del lettore. In questo approccio predomina lo stupore quale elemento calamitante.
Ogni articolo che compone questo libro, traccia un ritratto di musicisti, registi, scrittori, cantanti e attori che hanno rappresentato un capitolo fondamentale della musica di questi ultimi decenni.
La scrittura veloce, leggera e imprevedibile di Arruga ci immette direttamente nel mondo che descrive comunicandocene l’emozione.
E’ interessante notare come il giornalista milanese realizza ogni singolo ritratto, cogliendo alcuni particolari esterni dei singoli artisti.
Carla Fracci è rappresentata attraverso il suo vivere in continuo movimento, senza tempo libero che per il lavoro.
Umberto Eco si delinea mediante l’esercizio della sua ironia “socratica”, capace di trarre grandi verità dalla semplice osservazione esterna.
Mario Apollonio, celebre docente universitario, maestro dello stesso Arruga, mostra come l’uso di certi procedimenti espressivi, il modo stesso di costruire la frase letteraria siano in armonia con la struttura stessa degli articoli di questo libro. La dialettica dello stupore provoca strane ed efficaci collisioni fra l’attenzione di chi legge e l’argomento descritto.
Nessuno di questi scritti mostra l’artista descritto da fermo ma attraverso la forza “cinetica” del suo vivere l’esperienza estetica: Gigi Proietti è colto nel flusso creativo della sua vita di attore; Ruggero Raimondi ( baritono ) viene mostrato nel continuo cangiare dei suoi ragionamenti in merito alle proprie esperienze di cantante; Strehler diventa l’essenza stessa della “mercurialità”: l’irresistibile provocazione è il motore stesso del suo agire; Giorgio Gaber si manifesta attraverso la capacità di fare musica mediante un gesto evocativo complesso e riflesso ma che diventa subito immagine chiara di un pensiero condiviso.
Questa visione dell’arte come movimento di fatti e di idee cattura l’interesse del lettore trasformando l’interesse in passione. Lo stesso modo di scrivere, spesso a sghimbescio rispetto alle aspettative, trasforma l’attenzione in una vera e propria “illuminazione”.
Arruga dispone i frammenti caratteriali che compongono la fisionomia di ogni personaggio in un mosaico di aspirazioni che sono i fatti compiuti della biografia “in progress” dello stesso artista. Quello che emerge è l’emozione dell’arte come fatto di “vita vissuta” che continuamente si confonde con il nostro vivere anche se non ne siamo consapevoli.
Nella scrittura di Arruga troviamo la complicità fra chi legge e chi racconta, lasciando pronta la pagina bianca del nostro desiderio di conoscere e di “innamorarci” dell’argomento.
Sergio Mora
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