Ecco un altro pioniere del laicismo: Jonathan Swift. Sulla sua lapide, posta nella Cattedrale di San Patrizio di Dublino, dietro la quale, come si suol dire riposa, lo scrittore irlandese (1667-1745) fece precisare che era sempre stato un uomo libero. Swift si era fatto pastore anglicano per sopravvivere economicamente, ma il suo carattere non era per niente limitato dalla tonaca. Anzi. Le sue idee, infatti, non erano gradite alla Chiesa Anglicana, che sempre mise in forte dubbio la coerenza di questo prete riottoso e critico oltre misura della religione. Swift, come si dice, non le mandava a dire, sostenendo quanto poco fosse coerente, a sua volta, il comportamento ecclesiastico: tanta retorica, tanto perbenismo, tante parole caritatevoli e nessuna iniziativa concreta a favore dei poveri.
L’Irlanda era allora sotto il tallone britannico. Gli inglesi l’avevano costretta alla fame. Swift, già famoso per i “Viaggi di Gulliver” (romanzo scritto in opposizione al “Robinson Crusoe” di Daniel Defoe, inglese) decise di scrivere un pamphlet intitolato “Una modesta proposta” (1729) che girò con pseudonimo (ma il lettore individuava facilmente chi era il vero autore) ottenendo un grande successo persino a Londra.
I lettori londinesi si divertivano un mondo a leggere quella proposta ripugnante che consisteva nel portare al macello i neonati in eccesso dei poveri irlandesi e di metterne sul mercato le carni (prelibate, fa dire Swift a un esperto in materia creato, naturalmente, dalla sua fantasia) per la tavola degli aristocratici. Ovviamente la tirata dello scrittore irlandese è fortemente animata da un risentimento vigoroso verso le ingiustizie del sistema nel quale è costretto e si costringe a vivere. Swift affonda la lama nel suo scritto, descrivendo per filo e per segno come debba avvenire il tutto: salvare un terzo dei neonati per la riproduzione e far macellare gli altri una volta raggiunto l’anno di età, quando, a detta del famoso esperto inventato, le carni sono tenere al punto giusto e quasi si possono divorare anche le ossa.
“Una modesta proposta” uscì clandestina, come si diceva. E, come si diceva, i ricchi londinesi se ne facevano beffe divertendosi delle truculenti descrizioni. Ma gli intellettuali veri rimasero senza parole. Davanti ai loro occhi si aprì una voragine di orrore e di vergogna. La metafora swiftiana andava a cogliere nel segno, la sua grossolanità svegliava le coscienze, portava a riflessioni serie, scuoteva il sistema. Faceva vedere la realtà qual era veramente. Il sistema godeva di una verticalità per così dire vertiginosa, alla base della quale una massa ignorante veniva trattata come tanti animali stranamente in libertà. A certi animali si danno gli avanzi e così a questi uomini selvaggi.
Swift, che sempre si batté contro le pretese inglesi sull’Irlanda (trattata come l’ultima delle province), pone la questione umana generale contro le visioni di comodo che dividono gli uomini e che giustificano privilegi protetti dalla forza. Egli parla dell’oppressione inglese (un’oppressione davvero terribile) sulla sua amata Irlanda, ma la schiuma alla bocca allarga il discorso all’intera umanità, in balia di persecutori presuntuosi e impietosi, sorretti da un sistema abilmente ramificato e benedetto dal Signore in pantofole.
Dario Lodi
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