top of page

Berio e Boulez: l’anno zero della musica






l calendario degli anniversari 2025 celebra quest’anno i nomi di Luciano Berio (1925-2003) e Pierre Boulez (1925-2016).

Quello che unisce questi grandi compositori è il tratto lucido in cui la modernità entrò a far parte della loro estetica, evitando le cadute nel

manierismo espressionista avuto in eredità Luciano Berio dalle precedenti generazioni.

L’appellativo di “musica degenerata” aveva stigmatizzato le composizioni innovative che



approdavano nella Germania nazista degli anni trenta. Unico antidoto era il rifugio nel decadentismo atonale che molti musicisti aborrivano perché privo di ogni effettiva rappresentatività nel campo contemporaneo.

Terminato il conflitto mondiale gli intellettuali europei vollero riconciliarsi con il passato represso dalla barbarie e molti autori Pierre Boulez

“proibiti” apparvero alla ribalta per proporre la loro “lezione” critica.

La seconda scuola musicale di Vienna e, in modo particolare, Anton Webern(1883-1945) erano diventati il paradigma su cui sviluppare una nuova estetica, avulsa da ogni preconcetto decadentistico.

Pierre Boulez e Luciano Berio divennero le figure trainanti di un pensiero musicale che era un gesto di rivincita verso le libertà negate e le futili retoriche.

Per avere un’idea di quel momento storico, sviluppatosi a Darmstadt negli anni cinquanta, è utile guardare la storica serie televisiva “Heimat” (1984) di Edgar Reitz in cui l’intera cultura tedesca fa i conti con il proprio passato e la propria rinascita.

Il tema della musica “seriale” di Darmstadt e della giovani avanguardie si sviluppa in parallelo con le lotte del sessantotto europeo e la cultura “out” delle nuove generazioni.

In questa interessante pellicola la musica d’avanguardia è soprattutto vista come nascita di un nuovo linguaggio, refrattario ai compromessi e alle retoriche dei padri.

Pierre Boulez è stato uno di quei giovani che ha voluto rompere in modo brusco con l’estetica tonale di marca tardo-romantica. Il suo avvicinamento alla “dodecafonia” è rivolto alla “chiarezza” delle linee interne del discorso musicale e quindi si approccia ad un metodo comunicativo privo di chiusure ed ermetismi.

Nelle composizioni di Boulez è il ritmo l’elemento base dell’articolazione della frase musicale: un ritmo privo di ridondanze, scabro e violento come quello delle culture africane, rivestito da una componente timbrica “chiara”, cristallina, spesso intessuta dai suoni riverberanti degli strumenti “metallofoni”, secondo una discendenza tipicamente francese, “impressionista”.



L’esempio sopra riportato - tratto da “Eclat” (1964) – mostra alcune assomiglianze, nella parte pianistica, con la scrittura di Claude Debussy ulteriormente scomposta e frammentata.

Anche il Boulez direttore d’orchestra è dominato da questo “demone” implacabile dell’esattezza espressiva, secondo il posteriore decalogo di Italo Calvino delle “Lezioni americane”, dove i concetti di “esattezza” e “precisione” svolgono un ruolo fondamentale.

In questo modo persino le sinfonie di Beethoven - soprattutto la Quinta - acquistano un livello di impatto emotivo che sfida la contemporaneità con le sue stesse armi, dimostrando che ogni musica, da Bach a Schoenberg, è portatrice di una radice linguistica sempre nuova e attuale.

Luciano Berio, assieme a Luigi Nono, è uno dei nostri protagonisti della “nuova musica”.

Rifiutando ogni etichetta stilistica, Berio si interessa alla musica elettronica ma anche al rapporto fra lingua e musica attraverso la “decostruzione” della parola tramite un nuovo senso di indipendenza veicolato dai suoni. Il modello potrebbe essere quello del “quadrato magico” che ha creato nessi geometrico-esoterici fra il suono e la parola.















Nell’epigrafe latina, rinvenuta a Pompei, il testo “Sator arepo tenet opera rotas” può essere letto da sinistra a destra come da sopra e sotto, riuscendo anche ad intersecarsi in tutti i punti.

La similitudine geometrica dimostrerebbe la multi lateralità della conoscenza e le sue infinite connessioni. E’ anche l’emblema della sintesi fra arte e scienza che la musica dodecafonica vuole mostrare come alternativa espressiva.


Emblematica è la “Sinfonia” (1968) di Berio dove la musica insegue il testo dell’antropologo Levi-Strauss attraverso la duplicazione della parola come citazione, mediante continui riferimenti a vari compositori del Novecento. Il “sotto-testo” è lo “Scherzo” della Seconda Sinfonia di Mahler, collante principale del terzo movimento dell’opera di Berio.

L’intervento del gruppo vocale “pop” degli “Swingle Singers” costruisce una sorta di intercapedine e di “nastro isolante” all’interno dell’interazione dei vari oggetti artistici messi in opera in una ingegnosa emulsione di comunicazioni e di stili: quasi la parodia della “musica da tapezzeria” della nuova società di massa.

Proseguendo in questo contesto di verifiche linguistiche fra musica e parola -atteggiamento che lo stesso Berio ha confessato d’aver mutuato da James Joyce- il compositore è approdato ad un rapporto nuovo con l’eredità storica del passato musicale tramite la pratica della “trascrizione” divenuta “restauro”, ossia completamento di un testo secondo un materiale neutro facente parte dell’edilizia musicale moderna, il così detto “cemento”.

“Rendering” (1989-1990) nasce come studio per il completamento dei frammenti della Sinfonia Dieci (D 936) di Franz Schubert ma non vuole essere un esercizio di scrittura sullo stile del compositore austriaco bensì un’ opera di adattamento architettonico, come avviene nella riproposta di strutture abitative rese monche dalle catastrofi belliche o naturali. Il tempo presente opera sul passato senza interloquire, in una lingua imitativa e non naturale, adoperando elementi di raccordo neutri che non vogliono sostituirsi ad un pensiero creativo che non possiamo conoscere.

Questo breve estratto dalla partitura di “Rendering” mostra lo scomporsi della frase musicale originale di Schubert in parti autonome, distribuite secondo un ordine polifonico di battuta. Si applica una sospensione di giudizio sul testo incompleto per creare una sorta di riflessione postuma sulla musica, nel punto in cui manca la costruzione completa del discorso musicale.

Come affermava il filosofo austriaco Ludwig Wittgenstein “su ciò di cui non si può parlare, si deve tacere”.

L’intelligenza artificiale non ha posto nella modernità estetica e cognitiva di Luciano Berio e di Pierre Boulez.

Nello sviluppo delle competenze tecniche e metodologiche Berio e Boulez si muovono sempre da umanisti e non da “umanoidi” perché il loro parametro di confronto è con la scienza al servizio dell’uomo e non in sostituzione dell’uomo.

La loro poetica ha dialogato con quanto di più nuovo ed astratto la contemporaneità ha inventato, dimostrando che l’arte non deve rimanere in dietro rispetto alle innovazioni tecniche ma deve respirare attraverso di esse verso una nuova vita.


Sergio Mora




 
 
 

Comentarios


LOGOS è una pubblicazione di varia umanità. Contiene interventi originali su diversi argomenti. Scopo è aprire un dialogo fra lettori, il più possibile ampio e approfondito, nel rispetto dei valori civili e culturali che l'Umanità sa esprimere con sentimento e ragione.

bottom of page