“…son più istruttivi anche gli errori, quando non possono più esser contagiosi”
Leggiamo questo periodo, senza guardare o cercare l’autore che lo ha scritto: “A ogni passo, botteghe chiuse; le fabbriche in gran parte deserte; le strade, un corso incessante di miserie…” Sembrano le frasi e le descrizioni di immagini che oggi, nei tempi del Corona-virus, i notiziari ci propongono quotidianamente. Si tratta, come avrete intuito, di una citazione manzoniana relativa alla Peste di Milano nel celebre romanzo. L’autore, compassato e moralista, che nei nostri anni di scuola ci era parso così lontano dalle problematiche della vita moderna, ora diventa stranamente nostro contemporaneo. Non solo la Storia di ripete attraverso eventi di portata epidemiologica come questa ma anche gli atteggiamenti pratici, le paure, i rimedi della scienza cavalcano quasi le stesse difficili certezze. Il protofisico Lodovico Settala, allora responsabile della salute pubblica e docente di medicina a Pavia, aveva proposto soluzioni analoghe a quelle a cui oggi siamo
sottoposti anche noi uomini del ventunesimo secolo: isolamento, quarantena ed igiene scrupolosa. Ecco un altro estratto: “…si dispose per chiudere fuori dalla Città le persone provenienti dai paesi dove il contagio s’era manifestato…” La manifestazione dell’epidemia era stata inizialmente localizzata verso Lecco e la Valsassina. Anche allora, come oggi, gli studiosi si erano prodigati per cercare di individuare quello che noi oggi chiamiamo il “contagiato numero zero”, il portatore iniziale del virus. I dati storici, riportati dal Manzoni, identificano il “numero zero” con un certo Pier Paolo Locati oppure con Pietro Antonio Lovato. Si trattava comunque di un soldato italiano al servizio della Spagna. La reazione della popolazione nei riguardi delle difficoltà nel trovare delle soluzioni al flagello, erano sicuramente meno pazienti di quelle odierne: “L’odio principale cadeva sui due medici, il suddetto Tadino, e il Senatore Settala, figlio del protofisico: a tal segno, che ormai non potevano attraversare le piazze senza essere assaliti da parolacce, quando non eran sassi.” La struttura sanitaria allora adoperata al massimo delle sue possibilità era il Lazzaretto. Oggi, come sappiamo, i medici in prima linea sono i primi ad essere aggrediti dal virus ed inoltre risultano numericamente insufficienti date le proporzioni numeriche dei contagiati. Ecco come andavano le cose nel 1630: “…il lazzaretto rimase
senza medici; e, con offerte di grosse paghe e d’onori, a fatica e non subito, se ne poté avere…” A far raggiungere, in quei tempi, il “picco del contagio” contribuì, senza saperlo, il Cardinal Federico, portando in processione le reliquie di San Carlo, benché i responsabili della sanità ritenessero molto pericolosa quella manifestazione.
Nei giorni in cui ci troviamo, si pone come urgente una programmazione economico-finanziaria capace di sostenere le problematiche del lavoro del nostro paese. Il Manzoni ci descrive la stessa difficile congiuntura economica in termine di sostegni: “…le spese enormi,
le casse vote, le rendite degli anni avvenire impegnate, le imposte correnti non pagate, per la miseria generale, prodotta da tante cause…le spese della peste dovevano essere a carico del fisco.” Il Cancelliere Ferrer (il “premier” dell’epoca) fece richieste economiche più sostanziose al governo spagnolo (come oggi viene fatto verso l’Europa), il risultato nella descrizione del Manzoni fu questo: “…ci furono andate e venute, domande e risposte; ma non trovo che se ne venisse a più strette conclusioni.”
Concludiamo con la frase omaggiata come sicura morale dagli organi di comunicazione: usciremo da questa situazione migliori di prima. Come dire che sapremo trarre insegnamento da questo manzoniano “sugo di tutta la storia”, ma ricordiamoci le parole spontanee di Lucia: “…cosa volete che abbia imparato? Io non sono andata a cercare guai: son loro che sono venuti a cercare me.”
Il senso pratico della vita, il cercare soluzioni spesso sfuggendo dai pericoli, senza attribuirsi eroismi che non ci competono ma che fanno parte della vita stessa, sono in definitiva quel coraggio necessario che ognuno deve darsi.
Sergio Mora
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