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Annibale Carracci



Annibale Carracci (Bologna il 3 novembre 1560Roma, 15 luglio 1609) nasce in una modesta famiglia di origine cremonese. Il padre, Antonio, è un sarto. Pochissimo si sa della sua formazione iniziale se non che, molto probabilmente, viene avviato all’attività artistica dal cugino Ludovico e dal fratello Agostino, entrambi abilissimi pittori. Di temperamento irruento e passionale (l’opposto del fratello Agostino) Annibale non ama lo studio e preferisce dedicarsi alla pratica piuttosto che alla teoria. Suo primo insegnane fuori dall’ambito familiare è Bartolomeo Passerotti, pittore bolognese di scuola manierista, noto in particolare per la sua pittura “ridicola” che raffigura soggetti spesso in chiave umoristica.

Annibale inizia dipingendo alcune scene di genere, quasi una novità per quei tempi, come la


Grande macelleria (lo zio esercitava l’attività di macellaio), lavori che raccolgono però pochi consensi. Abbandonerà questo tipo di pittura quando lascerà Bologna e il suo talento non tarderà ad essere apprezzato.

Nel 1583 ottiene la sua prima importante commissione pubblica e, in quegli anni, da vita, con il fratello e il cugino, ad una scuola-bottega chiamata Accademia dei Desiderosi, ”desiderosi” di sviluppare nuove concezioni artistiche e rifuggire gli stili di maniera caratteristici del tempo. L’Accademia, che prende successivamente il nome “degli Incamminati” è un luogo dove si praticano diverse discipline e l’insegnamento della pittura avviene tramite la pratica e l’esercizio. Guida il lavoro dei Carracci l’attenzione alle esigenze della Chiesa la quale, in seguito al Concilio di Trento, mira ad utilizzare la pittura come veicolo di catechesi religiosa. L’Accademia diventaben presto un importante punto di riferimento per alcuni importanti pittori italiani.


La sua prima opera certa è una pala d'altare raffigurante la Crocifissione e Santi dipinta per la chiesa bolognese di San Nicolò (e attualmente nella chiesa di Santa Maria della Carità), che risale al 1583. Nel 1584 Annibale ottiene, insieme a Ludovico ed Agostino l’incarico di affrescare Palazzo Fava a Bologna. Inizia a viaggiare. Si reca a Parma e poi a Venezia dove resta particolarmente impressionato dai lavori dei pittori veneziani (Veronese, Tintoretto e Bassano su tutti). Ma è a Reggio Emilia che Annibale ha un incontro importante; entra in contatto con Gabriele Bombasi, collezionista d’arte, al servizio dei Farnese. Ciò gli consente di creare un legame che sfocerà dopo alcuni anni con la sua chiamata a Roma. Quando Annibale torna a Bologna è ormai uno dei pittori più richiesti del tempo.

Nel 1588 la sua pittura vira in modo deciso verso il gusto pittorico veneziano. Di questo periodo l’opera Madonna in trono col Bambino e Santi (ora alla Gemäldegalerie di Dresda).

Annibale dipinge molto e la sua maturazione artistica porta alla creazione di opere di

pregevolissima fattura. Tra queste merita di essere ricordata Cristo e la Samaritana (1593-94) oggi nella Pinacoteca di Brera.

Nel 1594 il cardinale Odoardo Farnese, figlio del Duca di Parma, lo chiama A Roma per decorare la propria residenza. Annibale si trasferisce ed inizia (1595) la decorazione del "camerino" (piccolo studio privato del cardinale Farnese) con rappresentazioni allegoriche delle Virtù di Odoardo Farnese; dipinge poi a olio Ercole al bivio (Napoli Museo di Capodimonte), opere ancora influenzate dello stile veneto.

Continua nel frattempo a lavorare per altri committenti. Gli Aldobrandini, nobile casata di antiche origini fiorentine (alla quale apparteneva anche papa Clemente VIII - dal 1592 al

1605) gli commissionano la pala Assunzione della Vergine (1600-1601), ora al Metropolitan

Museum of Art di New York.

La sua è una pittura che pone grande attenzione all’aspetto estetico. Annibale è anche paesaggista, ritrattista e incisore (circa una ventina le acqueforti). E’ un convinto sostenitore della pittura dal vero e dall’osservazione della natura, in opposizione al manierismo. Nei suoi paesaggi, spesso monumentali, cerca di trovare un equilibrio tra natura e uomo che la abita, evitando di rappresentare il paesaggio come un mero sfondo e dando così rilevanza ad un genere pittorico sino ad allora considerato minore.

La sua ritrattistica (prevalentemente disegni e olii su carta) racconta di personaggi comuni, di ogni età e privilegia il realismo nel riprodurre i volti. Molti gli autoritratti. Dichiarato ammiratore della ritrattistica di Annibale sarà poi anche uno dei più grandi artisti del Novecento, Lucian Freud.

Probabilmente frutto degli insegnamenti del Passerotti sono i ritrattini carichi (così venivano definite nel Seicento le caricature) in cui le caratteristiche di un individuo, e i suoi difetti, sono esasperati sino ad ottenere un effetto ridicolo. Abbiamo traccia però di due sole caricature a lui attribuibili (una al Louvre e una al Castello di Windsor).

L’importanza del Carracci risiede anche nell’aver “unificato” il linguaggio pittorico italiano. Sino al Cinquecento si poteva parlare solo di scuole geograficamente circoscritte: veneta, lombarda, toscana (anche se di eccezionale qualità ed importanza). Con il Carracci, o forse è meglio dire con i Carracci ci si trova di fronte ad una “scuola nuova”, impreziosita dalle caratteristiche di tutte le altre, sviluppatasi con un’originalità ed una qualità che fanno di Annibale uno dei più importanti artisti del nostro Paese.

Carracci, a partire dal 1605, cade in uno stato di profonda depressione attribuita all'irriconoscenza di Odoardo Farnese per il suo lavoro (uno scarso compenso per gli affreschi della Galleria Farnese). Altri però alludono a problemi sentimentali, altri ancora a problemi di salute (la sifilide – disturbi mentali). Muore nel 1609 ed è sepolto nel Pantheon al fianco di Raffaello.

A causa della lunga collaborazione con il cugino e con il fratello ed al frequente ricorso al contributo degli allievi, specie nei suoi ultimi anni romani, vi sono alcune opere la cui attribuzione ad Annibale divide la critica.

La fortuna critica fu ampia presso i suoi contemporanei. Così non si può dire per il periodo che va dalla fine del Settecento e per quasi tutto l'Ottocento. Nel Novecento si assiste ad un lento e parziale recupero del valore dei suoi lavori. Concordi ora i critici nel valutare la grandezza di questo artista, consegnandocelo come uno dei “grandi” della pittura italiana.

Franco Vergnaghi




 
 
 

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