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RACCONTI TERRESTRI E LUNARI




La vendetta


Fabio andò ad assicurarsi che il suo maggiore antagonista fosse morto. Si avvicinò al corpo e mentre era solo fece una domanda diretta a Filippo:

“Sei morto veramente?”.

Non ottenne risposta e un poco si spaventò all’idea che Filippo avrebbe potuto risvegliarsi.

Partecipò alla cerimonia funebre, finse di pregare per lui subito dopo essersi accertato che dove l’avevano messo non sarebbe mai potuto scappare. Si soffermò accanto alla bara e la spiò con l’intento di accertarsi che non vi fosse alcun pertugio.

Ancora di più fu certo della scomparsa dopo che gli avevano riferito che il corpo era stato cremato e che le ceneri erano ben chiuse in un’urna che la vedova si portò a casa e mise al sicuro in un mobiletto, chiudendolo a chiave. Quel che Fabio non sapeva era che il suo antipatico antagonista aveva espresso il desiderio che le sue ceneri fossero disperse e tanto meno seppe che la moglie decise di farlo una sera di luna piena. Dopo aver penato ad aprire quel brutto contenitore, Elena lasciò che il contenuto andasse per conto suo: Filippo scappò verso un campo fiorito vicino al piazzale dei comizi e lì si nascose come in agguato. Era un’idea peregrina, ma non si sa mai. Il cielo è la terra ci sorprendono in continuazione. In questo caso, altra incognita erano le maledizioni di Elena, secondo la quale il marito era morto a seguito delle liti con Fabio, un uomo del tutto inadatto a fare il politico. Filippo stava attento a fare promesse, era per un progresso sociale passo dopo passo (un idealista, insomma). Fabio, invece, prometteva catarsi a patto che una parte prevalesse sull’altra e potesse fare il brutto e il cattivo tempo a seconda dei comportamenti dei sottoposti, tipo Dio nella Bibbia.

“Dici cose assurde e offensive nei confronti dell’umanità”.

Sosteneva Filippo.

“Quello che conta è l’umanità forte. Quella debole soccombe. Non sa fare. Faremo noi per lei”.

“La schiavizzerete”.

“La maggioranza vuole ordine e ha ragione”.

“Sei tu che suggestioni la maggioranza con le tue rodomontate. Ci fai tornare indietro di un secolo”.

“Esagerato, io direi avanti di un secolo”.

“Involuzione!”.

“Evoluzione, vedi Darwin”.

“Dici Darwin ma non l’hai capito”.

“Baggianate”.

Ora Fabio poteva ripeterlo: “Baggianate”, anche perché Filippo non poteva più replicare.

Eccolo sul palco, tronfio e raggiante. Il vociare dei presenti era caloroso, incoraggiante, beneaugurante, anche perché ormai non esisteva più un valido contradditorio. Tuttavia, un’atmosfera inquieta gravò sul comizio non appena l’oratore si mise a parlare.

L’atmosfera si unì a un vento improvviso, come un turbine d’aria, che si riversò lì, solo lì, nello spazio ristretto dove stava il palco, precipitandosi sull’oratore. Il vento portò con sé della polvere, ma non la solita polvere, che andò ad infilarsi nella bocca di Fabio, soffocandolo in un istante. Ebbe solo il tempo di urlare, con gli occhi fuori dalle orbite: “Maledetto Filippo!”. Chissà perché, chissà cosa mai gli dettò la sua coscienza. I presenti si dileguarono al primo colpo di vento (un temporale, pensavano, e nessuno aveva l’ombrello). Rimase soltanto sino alla fine la moglie di Filippo che sorrise con fare sinistro dell’accaduto.


Dario Lodi





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