TOC-TOC
La Natura bussò alla porta. Era un bussare strano che mise Eugenio in allarme. Il novantenne finse di non sentire, ma quella insisteva. Il nostro amico non voleva svegliare i vicini, mettere anche loro in allarme, e così decise di andare alla porta. Con voce flebile disse vengo e quella smise di bussare. Ci fu un silenzio di tomba, rotto, poi, dai piccoli passi di Eugenio che per fare tre metri ci mise più tempo del solito. La porta fu aperta e la Natura entrò con un po’ di prepotenza. Era una bella donna, ma aveva qualcosa di luciferino. Non fece preamboli, disse (non chiese):
“Sai perché sono qui? Sei pronto?”.
“Già, rispose lui che pensava di non avere nulla da perdere, come se uno per un viaggio del genere fosse sempre pronto!”.
“Ma tu l’età ce l’hai, anzi l’hai superata da un pezzo. Per la verità mi ero dimenticata di te”.
Eugenio pensò di rispondere che questa dimenticanza sarebbe potuta continuare. Anche perché era pur vero che per tre quarti il suo organismo funzionava appena appena provocandogli dolori e deformazioni, ma per un quarto funzionava benissimo. Si trattava della testa. Gli veniva voglia di aggiungere purtroppo, perché la testa ben funzionante gli provocava un grande rammarico nel vedere e capire le condizioni in cui si era ridotto. Ovvero che la Natura l’aveva ridotto.
“Comunque ti sei ridotto pelle e ossa. Cammini a malapena e a malapena muovi le braccia. So che sei costretto a mangiare solo pappette. Non fai più l’amore da anni. Sei solo. A che servi?”.
“A che servo? Questa domanda dovrei farla io a te. La colpa è tua, le mie sono minime”.
La Natura (vale a dire la donna, più che mai, persino scosciata, come per dare ad Eugenio un’ultima possibilità) gli rispose risoluta:
“Non ti devi immischiare in cose più grandi di te. Hai vissuto tanto, ringrazia il cielo”.
Lo disse come per rivelare che dovesse rispondere a qualcuno del suo gran daffare in entrata e in uscita.
Stai a vedere, pensò Eugenio, che Dio esiste davvero. Non aveva mai dato troppo credito a questa diceria e qualche volta era stato dispiaciuto della sua riluttanza ad ammettere una tale esistenza. Il pensiero andò oltre sino a rendere in qualche modo sostanziosa la considerazione per cui c’era, con tutta evidenza, una distanza incolmabile fra lui e Dio. Aggiungeva che se per caso questa distanza sarebbe stata colmata, avrebbe chiesto, con un certo risentimento, perché mai Dio s’accaniva tanto sul genere umano. La storia del peccato originale gli era sempre stata indigesta: era, per lui, una favola troppo ingenua e di comodo (si fa per dire).
Nel corso della sua lunga vita aveva pian piano concepito che l’uomo era migliore di come era stato fatto e che era in grado, potenzialmente e realmente, di progredire da solo: di sicuro non si sarebbe suicidato come in fondo risulta dai processi naturali. Se immaginiamo la Natura una persona perché mai questa persona dovrebbe morire? La domanda si fa pressante in presenza della mente che elabora pensieri per così dire autonomi, addirittura sopra la persona stessa, ovvero sopra la Natura.
“Sbrigati, esclamò la Natura, e aggiunse “il viaggio sarà breve, non ti farò penare”.
A questo punto, Eugenio, vistosi perduto e ritenendo la perdizione assurda, fece uno sforzo e si buttò dalla finestra che aveva aperto per respirare un po’ d’aria primaverile.
Era al primo piano, ma si ruppe tutto la testa, irreparabilmente. I pensieri si misero a rotolare, a rotolare verso chissà.
La Natura fu soddisfatta?
Dario Lodi
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