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La torta



Quando Marine le telefonò, alle otto di sera, Mara si trovava in Comune a discutere sui lavori della Consulta della Famiglia di cui faceva parte. «Domani facciamo una festa a sorpresa ad Alberto: 20 persone a casa nostra per il suo compleanno! Quando tornerà dal lavoro, saremo tutti là ad aspettarlo… Ci saranno pizzette, spaghetti… Ho già pensato a tutto, meno che a una cosa: può preparare Lei la torta di compleanno? Sarebbe bello che fosse la sua mamma piuttosto che la compagna a farlo…» «Ma, non era la festa di Halloween che stavate preparando?» chiese lei un po’ interdetta, pensando alla nuova festa d’oltremare che si veniva a inserire nella sua famiglia allargata e pluriculturale. «No, non solo… sarà prima di tutto la festa per il suo compleanno !» «Ma sono le otto di sera… è tardi per fare una torta per 20 persone» balbettò lei, pensando che ci sarebbe voluto un bel Pan di Spagna, quel bel Pan di Spagna che per tutta la vita non le era mai, ma proprio mai, venuto. «Tardi per fare una torta?» le chiese Marine con sicurezza franco-anglicana. «Beh, forse qualche supermercato ancora aperto lo trovo… vediamo» rispose lei e, con italico orgoglio, si assunse l’impresa. Il Super in effetti era aperto… ma cosa avrebbe potuto comprare? La farina e tutto il resto per fare lei il Pan di Spagna? Scartò subito l’idea, pensando alle quintalate di farina e alla schiera di uova fresche che aveva sempre buttato via quando, dopo mille speranzosi tentativi, aveva visto miseramente sgonfiarsi quello che avrebbe dovuto essere un fragrante impasto ben lievitato. Non aveva mai capito il perché dei suoi reiterati fallimenti… forse il forno o la scalogna che in fatto culinario e alimentare l’aveva sempre accompagnata. “No, questa volta non posso fallire” pensò, e si diresse allo scaffale degli impasti già pronti… Ed ecco la Torta Imperiale già bell’e confezionata. Bisognava aggiungere solo il burro… Era già pronta anche la crema… “Chissà che schifezza è pensò, – una torta in cui la crema, che deve essere sempre freschissima, alta e soffice, è già pronta e impacchettata in una bustina di pochi centimetri.” “La crema no, quella la preparo io perché mi è sempre venuta bene, con la ricetta che mia madre mi ha scritto di suo pugno e che, se la vado a scovare, si deve trovare ancora nei quaderni di cucina di quando ero ragazza.” Arraffò due pacchetti di Torta Imperiale e si diresse cogitabonda alla cassa, pensando mesta a tutte le feste di compleanno in cui aveva sempre preparato la torta sì, ma sostituendo l’odiosissimo Pan di Spagna con la piatta torta al limone (preparata sempre da lei, a onor del vero) o con impasti simili… E intanto le campeggiava nella mente la gloriosa torta che sua Zia Maria le aveva preparato per il primo compleanno di Alex, un Pan di Spagna gigantesco, fatto in casa, superbo nella sua altezza e maestosità. Arrivò a casa e subito si mise ai fornelli. “L’impasto – c’era scritto sull’etichetta- si prepara in un istante, bisogna solo rovesciarlo nella teglia ed è subito pronto.” Subito, in tutti gli altri forni meno che nel suo, dove anch’esso, a un certo punto, miseramente si afflosciò. Ecco il destino culinario che le si ripresentava amaro: anche l’impareggiabile Torta Imperiale si stava miseramente sgonfiando. “Che scalogna, che scalogna , che scalogna…” Doveva trovare qualche altra soluzione… E pensò avvilita alle mille altre soluzioni… “Beh, domani è un altro giorno e, durante l’ora buca, andrò nei panifici o nelle pasticcerie a farmi dare un bel Pan di Spagna già pronto” si consolò, mentre l’esperienza le diceva amara che nessuno le avrebbe venduto niente perché, Signori e Signore, un Pan di Spagna non si improvvisa e bisogna ordinarlo con almeno un giorno di anticipo. E così, puntualmente, avvenne nel suo breve giro di perlustrazioni. Affannata, si preparò all’estrema soluzione: andare a comprare una torta già pronta in pasticceria…Ma… per 20 persone… anche questa avrebbe dovuto ordinarla almeno il giorno prima… Si sarebbero potute, è vero, comprare tante piccole torte… ma non sarebbe stata certo la stessa cosa della mitica torta di Zia Maria, una festa solo al vederla. Intanto, sul suo sconforto, fuori splendeva un sole speciale, napoletano, luminoso, divino, stranissimo per il mese di ottobre a San Donato, ed era un piacere stare all’aperto. “Sole napoletano” pensò, e Napoli le riportò subito alla mente il Sud e, da Napoli, saltò alle divine Eolie, al mare divino delle Eolie e alla nostalgia del pasticcere che aveva dovuto abbandonare la sua Lipari per venirsi a infognare nella nebbia del Nord, perché laggiù non c’era sufficiente lavoro. E le ritornò in mente la lunga chiacchierata che avevano fatto nella sua pasticceria quando, anni prima, era andata a ordinare l’ultima, grande torta di compleanno per una festa che doveva vedere decine e decine di giovani invitati a non ricordava più quale compleanno sempre di Alberto. Mara gli espose il suo doloroso caso e lui, in virtù di quell’antichissima, umana e disinteressata chiacchierata, si intenerì. No, non aveva un Pan di Spagna da poterle vendere perché quelli pronti li doveva utilizzare tutti lui ma, cortese, le fornì il decalogo del Buon Pan di Spagna e cioè:


  1. Mai comprare gli impasti già pronti… sono schifezze.

  2. Puntare a fare da sé… Il Pan di Spagna, per riuscire bene, deve sentirsi desiderato, amato e lavorato a puntino.

  3. Il che vuol dire sbattere le uova con lo zucchero tanto che ne venga fuori come un mascarpone… questo è il segreto che non tutti conoscono, il segreto dei segreti… «Si ricordi, Signora, un impasto con delle uova ben lavorate non ha neppure bisogno del lievito per lievitare.»

  4. Mettere il tutto nel ripiano basso del forno a 180 gradi se è ventilato, e non a metà (come, ahimè, aveva sempre fatto Mara e, per di più, a 200 gradi) e non aprire mai il forno durante la cottura


Nonostante tutto, ancora dubbiosa sulle sue reali possibilità di successo, se ne tornò a scuola a fare l’ultima ora e, mentre leggeva agli alunni il brano omerico dell’impresa dei Greci sotto le mura di Troia, si disse: “Ma perché non provare? In fondo anche questa del Pan di Spagna è un’impresa epica” e si rasserenò.

Tornata a casa, si sentiva così motivata che non perse tempo neppure a preparare il pranzo, tirò fuori tutti gli ingredienti dal frigo, dai cassetti la gloriosa ricetta di Zia Maria e mentre si diceva: “questa volta deve andare bene”diede di piglio alle uova che quel giorno (sarà stato il riflesso eoliano di quel sole) non erano gialline e anemiche come sempre, ma belle, aranciate e fragranti.

Ci aggiunse lo zucchero (tutto doppio, ricordati, Mara, per 20 bocche giovani affamate diallegria) e via a sbatter tutto per un’ora… Impresa al limite delle forze del suo braccio, ma era in palio l’onore e l’amore che aveva per suo figlio e la sua combriccola di ragazzi pieni di vita, era in palio l’amore per la scoperta e per la scommessa. Insomma, era in palio l’amore per la vita.

E allora, via, sbatti, Mara, per un’ora con lo zucchero queste fottutissime uova che sempre ti hanno tradita, queste fottutissime uova che devono diventare come il mascarponeOra vi faccio vedere io, vi sbatto, vi volto e vi rivolto, vi lavoro come non siete mai state lavorate, fottutissime uova del cacchio…

E, dopo la fatidica ora (ma guarda, sembra davvero un mascarpone) eccola aggiungere il resto all’impasto… piano piano, con lo stesso scrupolo con cui era solita trattare un complicato brano di greco e poi, via, impavidamente, infilò tutto nel forno.

No, non ti guarderò, impasto, mentre sei nel forno, attenderò che tu lieviti (lieviterai?) guadandoti indifferente da lontano per tutta l’interminabile durata dei canonici 50 minuti.

Trascorsi i quali, si avvicinò trepidante per la prova con lo stuzzicadenti.

Aprì con apprensione la finestrella del forno e… ecco il miracolo:il Pan di Spagna troneggiava al centro dello spazio in tutta la sua maestosa bellezza!

Ed era un tripudio insieme degli occhi, dell’odorato e del cuore: l’impresa epica, dopo una vita di fallimenti, alla fine aveva avuto un buon, anzi un ottimo esito.

Ti amo, Pan di Spagna, ora che seianche mio… e ti guarnirò nel migliore dei modi, farcendoti con la crema fatta da me, bella, soffice e profumata di limone nella versione cioccolato uno strato e biancal’altro (buona davvero questa crema, altro che quella striminzita della Torta Imperiale) e sopra, sopra ci metterò la scritta “Auguri, Alberto” con, in mezzo, gli anni, “27”, e tutto intorno unacorona di lettere d’alfabeto di cioccolato(hanno inventato anche questo per la gloria delle torte in genere e del Pan di Spagna in particolare!) e, per dare un tocco policromo, ci metterò anche dei fiorellini fatti con la frutta candita.

Non c’era che dire: tremila calorie a boccone, ma erano tutti giovani coloro che avrebbero mangiato la torta e di quelle calorie avevano proprio bisogno.


Luisa Ranieri

Da Metisnews






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