Molti lettori, al solo leggere il titolo, proveranno un senso di paura, mista a ribrezzo e, ad onor del vero, l’articolo che segue non parla certo di un batuffolino di morbido pelo da accarezzare. Al contrario, parleremo dei ratti ( dal latino RAPIDUS = veloce) sia di quello nostrano: il ratto nero o ratto dei tetti (Rattus rattus) da sempre “compagno” dell’uomo e originario dell’Europa; sia del cugino asiatico, ma ormai stabilmente insediato in ogni dove ovvero il ratto delle chiaviche o surmolotto (Rattus norvegicus). Ambedue appartengono all’ordine dei Roditori ed alla famiglia dei Muridi. Il primo è frequentatore abituale di soffitte e sottotetti ed in generale luoghi elevati ed asciutti, addirittura chiome di alberi da frutto. Agilissimo arrampicatore, riesce a salire in verticale su muri, corde e tubi e, di conseguenza, riesce ad arrivare praticamente dappertutto. Questo, grazie anche alla mobilità delle costole, comune a tutti i Muridi, che comprimendosi agevolmente, permettono al ratto nero di passare attraverso pertugi piccolissimi, raggiungendo così la fonte di cibo precedentemente localizzata con l’olfatto. La dieta del ratto nero è onnivora, ma specialmente orientata ai vegetali e soprattutto alla frutta. Attivi soprattutto di notte, ma alcuni individui cacciati dal gruppo o feriti, sono visibili anche di giorno. La gerarchia dei gruppi è ferrea ed ogni individuo riconosce con l’olfatto un appartenente al clan ed il livello nella gerarchia sociale dello stesso, quindi si comporta di conseguenza, aggredendolo se estraneo, sottomettendosi o sottomettendolo a seconda del grado sociale, se appartenente alla stessa tribù. Nei gruppi poco numerosi questo sistema funziona bene, quindi la gerarchia sociale è ben definita, tramite lotte periodiche si riafferma o si perde il proprio ruolo dominante e di conseguenza l’aggressività è mantenuta entro limiti accettabili. Nelle colonie numerose quest’ordine viene meno e l’anarchia impedisce la prosperità del gruppo in quanto restando ogni individuo sulla difensiva, vengono meno gli scambi d'informazione sulle fonti di approvvigionamento, condizione necessaria per la prosperità del gruppo. Questo comportamento mi fa riflettere su alcuni comportamenti umani che ricordano da vicino quanto sopra solo accennato … Torniamo all’etologia del ratto: solo le femmine costruiscono il nido, tra il legname, sotto i pavimenti, dietro i tubi e si riproducono tutto l’anno con 5-6 generazioni ciascuna di 5 –7 piccoli che all’età di 4 mesi sono già in grado di riprodursi. Si penserebbe a un numero impressionante di ratti, ma ancora una volta la Natura interviene e limita il numero di individui che potranno riprodursi: con il cannibalismo dei maschi adulti, la predazione di rapaci diurni e notturni, dei gatti, dei mustelidi (donnole, faine, ecc.) dei serpenti e … dei veleni, per farla breve si arriva fino al 90% di mortalità “infantile”.
Come distinguere il ratto nero da altri Muridi : lunghezza massima del corpo 220 m, coda 250 mm , quindi più lunga del corpo, muso appuntito, orecchie lunghe, corporatura snella, pelo liscio e generalmente nero. Il surmolotto invece, pur essendo organizzato gerarchicamente come il ratto nero, è molto più aggressivo, più carnivoro, cibandosi di animali sia vivi che morti, oltre che di vegetali e, sembrerebbe, anche più “intelligente” sapendosi organizzare in bande che operano con un piano organizzato per limitare i danni ed ottimizzare i risultati: un esempio si ha quando, per attraversare una zona scoperta, gli individui si comportano come marines in missione ovvero attraversano lo spazio ad alto rischio uno alla volta in modo da limitare le perdite dovute ad eventuali predatori. Questo comportamento, è evidente, implica uno scambio d’informazioni in un modo ancora poco conosciuto, ma sicuramente efficace, in quanto anche in caso di veleni sparsi dall’uomo, il surmolotto sembra avvisare i suoi simili del potenziale pericolo poiché i risultati delle campagne di derattizzazione non sono mai all’altezza delle aspettative e, comunque, a ogni individuo soppresso, un altro ne prende immediatamente il posto. Per fare un confronto con il ratto nero ecco alcuni dati del surmolotto: lunghezza massima (per ora conosciuta!) 290 mm, coda 230 mm, quindi più corta del corpo, orecchie corte, muso meno appuntito del ratto nero, corporatura robusta, pelo ispido e bruno chiaro, ma con molte varianti. Il surmolotto ha ormai invaso tutto il mondo e nella lotta per la sopravvivenza ha sicuramente vinto contro il ratto nero, relegandolo nelle soffitte e nei ruderi. Questi ratti provocano gravi danni alle derrate alimentari, direttamente mangiandole ed indirettamente contaminandole con le deiezioni e veicolando terribili malattie come la peste, ma anche leptospirosi, salmonella, colera, tifo, rabbia e tubercolosi.
A questo punto dovrei, come ogni volta, spiegare che tutto questo è bene perché la Natura, se ha creato il ratto, avrà certo avuto uno scopo! Mi costa fatica … ma solo per un momento, in quanto con una mortalità del 90%, quindi con un indice di fecondità elevatissimo, i ratti rappresentano una fonte di proteine inesauribile per tutti i loro predatori, di conseguenza l’assioma: “ C’E’, QUINDI CI VUOLE!” che esprime la Natura per ogni essere, anche questa volta è sicuramente dimostrato. (Maurizio Teruzzi – foto dell’autore: Surmolotto in ambiente antropizzato.)
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