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Chiese e Churches



Girando per i paesi del nostro Sud, ti puoi trovare, a ogni piè sospinto, davanti a un’edicola dedicata ai Santi, al Cuore di Gesù, alla Madonna e, più frequentemente, davanti alla Sacra Edicola del Calvario. La visione ti è tanto familiare che, andando all’estero, la ricerchi involontariamente con gli occhi e con il cuore. E se in paesi come la Grecia la ritrovi dovunque tu rivolga gli occhi, negli Stati Uniti la cosa è nettamente diversa. Mentre Mara e la sua famiglia giravano in lungo e in largo per quella lontana nazione, furono proprio i bambini a far notare ai genitori la totale mancanza di edicole e simboli sacri esposti per le vie. Ed allora anche Mara si mise in attenta osservazione. E, se davanti al Sant Patrick a New York la chiesa le si parava imponente davanti agli occhi, in tanti altri posti poteva vedere solo un’insegna al neon all’interno di un caseggiato con su scritto, a caratteri fosforescenti, Church. Bisognava poi districarsi tra le varie Churches metodiste, luterane, battiste, mormoni, cattoliche e quant’altro, solo per riferirsi al filone cristiano. Ma, sempre e dappertutto, luoghi di culto interni, mai esterni. Iper-moderni, per di più, e stranianti per noi europei, abituati al dispiegamento dell’antico in ogni angolo delle nostre città, borghi e borghetti compresi. Certo, bisogna fare i conti con le altre culture che sono differenti da quelle dei Paesi mediterranei, in cui la vita tutta e anche la fede si vivono all’aperto, negli esterni. È il sole che ti porta a uscire fuori di casa e a incontrarti con gli altri nei più differenti casi della vita. «No, bambini, avete ragione: non ci sono edicole sacre o Calvari per le vie dell’America. Qui la pensano diversamente e bisogna sempre rispettare i modi di pensare diversi dai nostri.» «Ma proprio nessuna, nessuno?» chiesero una volta in coro i bambini. «Nessuna, nessuno» rispose perentoria Mara.

Finché , un giorno, ecco la famigliola tutta invitata nel Wisconsin a casa di amici americani di seconda generazione provenienti dall’Abruzzo. Ed ecco il loro orgoglio nel parlare una lingua che di italiano ormai aveva poco o niente ma che era la lingua della loro lontana appartenenza alla quale, pur non avendo più in comune quasi niente con essa, rimanevano attaccati come a un’Antica Madre. Un giro per i loro possedimenti sul dorso di scattanti cavalli (che paura, la nostra Mara), poi il pranzo in casa (in apertura, insalata tricolore con lattughe verdi, sedani bianchi e pomodori rossi in onore dell’Italia e degli ospiti Italiani) e, dopo, la siesta in giardino. Ed ecco, a un certo punto, i bambini che si sbracciano a chiamare: «Mamma, mamma, vieni a vedere! Qui c’è… qui c’è.» E, agli occhi stupefatti di Mara, in un angolo appartato del giardino, ecco apparire una grossa nicchia dipinta d’azzurro appoggiata in verticale al muro a sostenere una bianca


Madonna di gesso tutta avvolta nel suo manto pure esso azzurro. L’aveva voluta, quella nostrana edicola religiosa, l’anziana madre della famiglia ospitante, quella che si era spinta all’inizio del Novecento in America a raggiungere lo sconosciuto marito (italiano) sposato per procura e che in quella terra del Nord degli Stati Uniti aveva poi vissuto tutta la vita, imparando l’inglese e adattandosi al nuovo modo di vita. Con nel cuore sempre l’Italia e i suoi mai dimenticati riti religiosi.


Luisa Ranieri






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